CAPITOLO 1
Le conquiste di Giuda
Ge 49:8-9 (Le 24:19-21; Gm 2:13)
Dopo la morte di Giosuè, i figli d'Israele consultarono il SIGNORE, e
dissero: «Chi di noi salirà per primo a combattere contro i Cananei?» Il
SIGNORE rispose: «Salirà Giuda; ecco, io ho dato il paese nelle sue mani».
Allora Giuda disse a Simeone suo fratello: «Sali con me nel paese che mi è
toccato in sorte e combatteremo contro i Cananei; poi anch'io andrò con te
in quello che ti è toccato in sorte». Simeone andò con lui.
Giuda dunque salì e il SIGNORE diede nelle loro mani i Cananei e i Ferezei;
sconfissero a Bezec diecimila uomini. Trovato Adoni-Bezec, a Bezec,
l'attaccarono e sconfissero i Cananei e i Ferezei. Adoni-Bezec si diede alla
fuga, ma essi lo inseguirono, lo presero e gli tagliarono i pollici e gli
alluci. Adoni-Bezec disse: «Settanta re, a cui erano stati tagliati i
pollici e gli alluci, raccoglievano gli avanzi del cibo sotto la mia mensa.
Quello che ho fatto io, Dio me lo rende». E lo condussero a Gerusalemme,
dove morì.
(Gs 14:13-15; 15:13-19) Gc 3:9-11
I figli di Giuda attaccarono Gerusalemme e la presero; passarono gli
abitanti a fil di spada e incendiarono la città. Poi i figli di Giuda
scesero a combattere contro i Cananei, che abitavano la zona montuosa, la
regione meridionale e la regione bassa. Giuda marciò contro i Cananei che
abitavano a Ebron, che prima si chiamava Chiriat-Arba, e sconfisse Scesai,
Aiman e Talmai. Di là marciò contro gli abitanti di Debir, che prima si
chiamava Chiriat-Sefer.
Caleb disse: «A chi batterà Chiriat-Sefer e la prenderà, io darò in moglie
mia figlia Acsa». La prese Otniel, figlio di Chenaz, fratello minore di
Caleb, e questi gli diede in moglie sua figlia Acsa. Quando lei venne ad
abitare con lui, persuase Otniel a lasciarle chiedere un campo a suo padre.
Lei scese dall'asino e Caleb le disse: «Che vuoi?» Lei rispose: «Fammi un
dono, perché tu mi hai dato una terra arida; dammi anche delle sorgenti
d'acqua». Ed egli le diede le sorgenti superiori e le sorgenti sottostanti.
I figli del Cheneo, suocero di Mosè, salirono dalla città delle palme, con i
figli di Giuda, nel deserto di Giuda che è a mezzogiorno di Arad; andarono e
si stabilirono fra il popolo.
Poi Giuda partì con Simeone suo fratello, e sconfissero i Cananei che
abitavano in Sefat; distrussero interamente la città, che fu chiamata Corma.
Poi Giuda prese anche Gaza con il suo territorio, Ascalon con il suo
territorio ed Ecron con il suo territorio. Il SIGNORE fu con Giuda, che
scacciò gli abitanti della regione montuosa, ma non poté scacciare gli
abitanti della pianura, perché avevano carri di ferro. Come Mosè aveva
detto, Ebron fu data a Caleb, che ne scacciò i tre figli di Anac.
Infedeltà delle altre tribù
(Gs 17:11-18; Gc 2:20-23; 3:1-6) 2Cr 8:7-8
I figli di Beniamino non scacciarono i Gebusei che abitavano Gerusalemme,
perciò i Gebusei hanno abitato con i figli di Beniamino in Gerusalemme fino
a oggi.
La casa di Giuseppe salì anch'essa contro Betel e il SIGNORE fu con loro. La
casa di Giuseppe mandò a esplorare Betel, città che prima si chiamava Luz.
Gli esploratori videro un uomo che usciva dalla città e gli dissero:
«Insegnaci la via per entrare nella città e noi ti tratteremo con bontà».
Egli insegnò loro la via per entrare nella città, ed essi passarono la città
a fil di spada, ma lasciarono andare quell'uomo con tutta la sua famiglia.
Quell'uomo andò nel paese degli Ittiti e vi costruì una città, che chiamò
Luz: nome che essa porta anche al giorno d'oggi.
Anche Manasse non scacciò gli abitanti di Bet-Sean e delle città del suo
territorio, né quelli di Taanac e delle città del suo territorio, né quelli
di Dor e delle città del suo territorio, né quelli d'Ibleam e delle città
del suo territorio, né quelli di Meghiddo e delle città del suo territorio,
perché i Cananei erano decisi a restare in quel paese. Però, quando Israele
fu abbastanza forte, assoggettò i Cananei a servitù, ma non li scacciò del
tutto.
Anche Efraim non scacciò i Cananei che abitavano a Ghezer, perciò i Cananei
abitarono a Ghezer in mezzo a Efraim.
Zabulon non scacciò gli abitanti di Chitron, né gli abitanti di Naalol; e i
Cananei abitarono in mezzo a Zabulon e furono costretti a lavorare per gli
Israeliti.
Ascer non scacciò gli abitanti di Acco, né gli abitanti di Sidone, né quelli
di Alab, di Aczib, di Chelba, di Afic, di Reob; i figli di Ascer si
stabilirono in mezzo ai Cananei che abitavano il paese, perché non li
scacciarono. Neftali non scacciò gli abitanti di Bet-Semes, né gli abitanti
di Bet-Anat, e si stabilì in mezzo ai Cananei che abitavano il paese; ma gli
abitanti di Bet-Semes e di Bet-Anat furono da loro assoggettati a servitù.
Gli Amorei respinsero i figli di Dan nella regione montuosa e non li
lasciarono scendere nella valle. Gli Amorei si mostrarono decisi a restare a
Ar-Cheres, ad Aialon e a Saalbim; ma la mano della casa di Giuseppe si
aggravò su di loro tanto che furono assoggettati a servitù. Il confine degli
Amorei si estendeva dalla salita di Acrabbim, andando da Sela in su, verso
il nord.
CAPITOLO 2
Israele punito per la sua disubbidienza
(De 7:1-11; Gs 23:1-13) Gl 2:12-13; Ap 2:4-5, 16
L'angelo del SIGNORE salì da Ghilgal a Bochim e disse: «Io vi ho fatto
salire dall'Egitto e vi ho condotti nel paese che avevo giurato ai vostri
padri di darvi. Avevo anche detto: "Io non romperò mai il mio patto con
voi"; e voi, dal canto vostro, non farete alleanza con gli abitanti di
questo paese e demolirete i loro altari. Ma voi non avete ubbidito alla mia
voce. Perché avete fatto questo? Perciò anch'io ho detto: "Io non li
scaccerò davanti a voi; ma essi saranno tanti nemici contro di voi e i loro
dèi saranno, per voi, un'insidia"». Appena l'angelo del SIGNORE ebbe detto
queste parole a tutti i figli d'Israele, il popolo si mise a piangere ad
alta voce. Posero a quel luogo il nome di Bochim e offrirono là dei
sacrifici al SIGNORE.
Gs 24:28-31; Sl 12:2
Giosuè rimandò il popolo, e i figli d'Israele andarono ciascuno nel suo
territorio a prendere possesso del paese. Il popolo servì il SIGNORE durante
tutta la vita di Giosuè e durante tutta la vita degli anziani che
sopravvissero a Giosuè, che avevano visto tutte le grandi opere che il
SIGNORE aveva fatte in favore d'Israele. Poi Giosuè, figlio di Nun e servo
del SIGNORE, morì all'età di centodieci anni e fu sepolto nel territorio che
gli era toccato a Timnat-Cheres, nella regione montuosa di Efraim, a nord
della montagna di Gaas.
Corruzione e disfatta della nuova generazione; i giudici
De 6:10-15 (1S 12:7-11; Sl 106:34-36) Ne 9:27
Anche tutta quella generazione fu riunita ai suoi padri; poi, dopo quella,
vi fu un'altra generazione che non conosceva il SIGNORE, né le opere che
egli aveva compiute in favore d'Israele. I figli d'Israele fecero ciò che è
male agli occhi del SIGNORE e servirono gli idoli di Baal; abbandonarono il
SIGNORE, il Dio dei loro padri, che li aveva fatti uscire dal paese
d'Egitto, e andarono dietro ad altri dèi, fra gli dèi dei popoli che li
attorniavano; si prostrarono davanti a essi e provocarono l'ira del SIGNORE;
abbandonarono il SIGNORE e servirono Baal e gli idoli di Astarte. L'ira del
SIGNORE si accese contro Israele ed egli li diede in mano ai predoni, che li
spogliarono; li vendette ai nemici che stavano loro intorno, in modo che non
poterono più resistere di fronte ai loro nemici. Dovunque andavano, la mano
del SIGNORE era contro di loro a loro danno, come il SIGNORE aveva detto,
come il SIGNORE aveva loro giurato; e la loro tribolazione fu molto grande.
Il SIGNORE allora fece sorgere dei giudici, che li liberavano dalle mani di
quelli che li spogliavano. Ma neppure ai loro giudici davano ascolto, anzi
si prostituivano ad altri dèi e si prostravano davanti a loro. Abbandonarono
ben presto la via percorsa dai loro padri, i quali avevano ubbidito ai
comandamenti del SIGNORE; ma essi non fecero così.
Quando il SIGNORE suscitava loro dei giudici, il SIGNORE era con il giudice
e li liberava dalla mano dei loro nemici durante tutta la vita del giudice;
poiché il SIGNORE aveva compassione dei loro gemiti a causa di quelli che li
opprimevano e angariavano. Ma quando il giudice moriva, tornavano a
corrompersi più dei loro padri, andando dietro ad altri dèi per servirli e
prostrarsi davanti a loro; non rinunziavano affatto alle loro pratiche e
alla loro caparbia condotta. Perciò l'ira del SIGNORE si accese contro
Israele, ed egli disse: «Poiché questa nazione ha violato il patto che avevo
stabilito con i loro padri ed essi non hanno ubbidito alla mia voce, anch'io
non scaccerò più davanti a loro nessuna delle nazioni che Giosuè lasciò
quando morì; così, per mezzo di esse, metterò alla prova Israele per vedere
se si atterranno alla via del SIGNORE e cammineranno per essa come fecero i
loro padri, o no».
Il SIGNORE lasciò stare quelle nazioni senz'affrettarsi a scacciarle e non
le diede nelle mani di Giosuè.
(Gs 13:1-6; Gc 2:1-3, 20-23) 1Co 15:33
CAPITOLO 3
Questi sono i popoli che il SIGNORE lasciò stare per mettere alla prova, per
mezzo di essi, Israele, cioè tutti quelli che non avevano visto le guerre di
Canaan. Egli voleva soltanto che le nuove generazioni dei figli d'Israele
conoscessero e imparassero la guerra: quelli, per lo meno, che non l'avevano
mai vista prima. Questi popoli erano: i cinque principi dei Filistei, tutti
i Cananei, i Sidoni e gli Ivvei, che abitavano la montagna del Libano, dal
monte Baal-Ermon fino all'ingresso di Camat. Queste nazioni servirono a
mettere Israele alla prova, per vedere se Israele avrebbe ubbidito ai
comandamenti che il SIGNORE aveva dato ai loro padri per mezzo di Mosè. Così
i figli d'Israele abitarono in mezzo ai Cananei, agli Ittiti, agli Amorei,
ai Ferezei, agli Ivvei e ai Gebusei; sposarono le loro figlie, diedero le
proprie figlie come spose ai loro figli, e servirono i loro dèi.
Vittoria di Otniel sul re di Mesopotamia
(Gc 2:10-16; Sl 106:34-45) Ap 3:19
I figli d'Israele fecero ciò che è male agli occhi del SIGNORE;
dimenticarono il SIGNORE, il loro Dio, e servirono gli idoli di Baal e di
Astarte. Perciò l'ira del SIGNORE si accese contro Israele ed egli li diede
nelle mani di Cusan-Risataim, re di Mesopotamia; e i figli d'Israele furono
servi di Cusan-Risataim per otto anni.
Poi i figli d'Israele gridarono al SIGNORE e il SIGNORE fece sorgere per
loro un liberatore: Otniel, figlio di Chenaz, fratello minore di Caleb; ed
egli li liberò. Lo spirito del SIGNORE venne su di lui ed egli fu giudice
d'Israele; uscì a combattere e il SIGNORE gli diede nelle mani
Cusan-Risataim, re di Mesopotamia; e la sua mano fu potente contro
Cusan-Risataim. Il paese ebbe pace per quarant'anni; poi Otniel, figlio di
Chenaz, morì.
Vittoria di Eud su Moab
Gc 2:17-19; 4:17-22; Eb 12:6-11
I figli d'Israele continuarono a fare ciò che è male agli occhi del SIGNORE;
così il SIGNORE rese forte Eglon, re di Moab, contro Israele, perché essi
avevano fatto ciò che è male agli occhi del SIGNORE. Eglon radunò intorno a
sé i figli di Ammon e di Amalec; poi marciò contro Israele, lo sconfisse e
s'impadronì della città delle palme. I figli d'Israele furono servi di
Eglon, re di Moab, per diciotto anni.
I figli d'Israele gridarono al SIGNORE ed egli fece sorgere per loro un
liberatore: Eud, figlio di Ghera, beniaminita, che era mancino. I figli
d'Israele mandarono per mezzo di lui un regalo a Eglon, re di Moab. Eud si
fece una spada a due tagli, lunga un cubito; e la cinse sotto la sua veste,
al fianco destro. Quindi offrì il regalo a Eglon, re di Moab, che era un
uomo molto grasso. Quando ebbe finito la presentazione del regalo, rimandò
la gente che l'aveva portato. Ma egli, giunto agli idoli che sono presso a
Ghilgal, tornò indietro e disse: «O re, io ho qualcosa da dirti in segreto».
Il re disse: «Silenzio!» Tutti quelli che gli stavano intorno, uscirono.
Allora Eud si avvicinò al re, che stava seduto nella sala di sopra,
riservata a lui solo, per prendervi il fresco, e gli disse: «Ho una parola
da dirti da parte di Dio». Eglon si alzò dal suo seggio; ed Eud, stesa la
mano sinistra, prese la spada dal suo fianco destro e gliela piantò nel
ventre. Anche l'elsa entrò dopo la lama; e il grasso si rinchiuse attorno
alla lama; poiché egli non gli ritirò dal ventre la spada, che gli usciva da
dietro. Poi Eud uscì nel portico, chiuse le porte della sala di sopra, e
mise il chiavistello. Quando fu uscito, vennero i servi, i quali guardarono,
ed ecco che le porte della sala di sopra erano chiuse con il chiavistello; e
dissero: «Certo egli fa i suoi bisogni nello stanzino della sala fresca».
Tanto aspettarono, che ne furono preoccupati; e poiché il re non apriva le
porte della sala, quelli presero la chiave, aprirono, ed ecco che il loro
signore era steso per terra, morto. Mentre essi indugiavano, Eud si diede
alla fuga, passò oltre gli idoli e si mise in salvo a Seira. Quando fu
arrivato, sonò la tromba nella regione montuosa di Efraim, e i figli
d'Israele scesero con lui dalla regione montuosa, ed egli si mise alla loro
testa. Disse loro: «Seguitemi, perché il SIGNORE vi ha dato nelle mani i
Moabiti, vostri nemici». Quelli scesero dietro a lui, s'impadronirono dei
guadi del Giordano per impedire il passaggio ai Moabiti, e non lasciarono
passare nessuno. In quel tempo sconfissero circa diecimila Moabiti, tutti
robusti e valorosi; non ne scampò neppure uno. Così, in quel giorno, Moab fu
umiliato sotto la mano d'Israele e il paese ebbe pace per ottant'anni.
Vittoria di Samgar sui Filistei
Gc 5:6-8; Am 7:14-15
Dopo Eud, venne Samgar, figlio di Anat. Egli sconfisse seicento Filistei con
un pungolo da buoi; anch'egli liberò Israele.
CAPITOLO 4
Debora e Barac liberano Israele dai Cananei
1S 12:9-11; Gc 5:1-23
Morto Eud, i figli d'Israele continuarono a fare ciò che è male agli occhi
del SIGNORE. Il SIGNORE li diede nelle mani di Iabin, re di Canaan, che
regnava ad Asor. Il capo del suo esercito era Sisera, che abitava ad
Aroset-Goim.
I figli d'Israele gridarono al SIGNORE, perché Iabin aveva novecento carri
di ferro e già da vent'anni opprimeva con violenza i figli d'Israele.
In quel tempo era giudice d'Israele una profetessa, Debora, moglie di
Lappidot. Lei sedeva sotto la palma di Debora, fra Rama e Betel, nella
regione montuosa di Efraim, e i figli d'Israele salivano da lei per le
controversie giudiziarie. Debora mandò a chiamare Barac, figlio di Abinoam,
da Cades di Neftali, e gli disse: «Il SIGNORE, Dio d'Israele, non ti ha
forse dato quest'ordine: "Va', raduna sul monte Tabor e prendi con te
diecimila uomini dei figli di Neftali e dei figli di Zabulon? Io attirerò
verso di te, al torrente Chison, Sisera, capo dell'esercito di Iabin, con i
suoi carri e la sua numerosa gente, e lo darò nelle tue mani"». Barac le
rispose: «Se vieni con me, andrò; ma se non vieni con me, non andrò». Debora
disse: «Certamente, verrò con te; però, la via per cui cammini non ti
porterà onori; perché il SIGNORE darà Sisera in mano a una donna». E Debora
si alzò e andò con Barac a Cades.
Barac convocò Zabulon e Neftali a Cades; diecimila uomini si misero al suo
seguito e Debora salì con lui.
Ora Eber, il Cheneo, si era separato dai Chenei, discendenti di Obab,
suocero di Mosè, e aveva piantato le sue tende fino al querceto di Saannaim,
che è vicino a Cades.
Fu riferito a Sisera che Barac, figlio di Abinoam, era salito sul monte
Tabor. Sisera adunò tutti i suoi carri, novecento carri di ferro, e tutta la
gente che era con lui, da Aroset-Goim fino al torrente Chison.
Allora Debora disse a Barac: «Àlzati, poiché questo è il giorno in cui il
SIGNORE ha dato Sisera nelle tue mani. Il SIGNORE non va forse davanti a
te?» Allora Barac scese dal monte Tabor, seguito da diecimila uomini. Il
SIGNORE mise in rotta, davanti a Barac, Sisera con tutti i suoi carri e con
tutto il suo esercito, che fu passato a fil di spada; e Sisera, sceso dal
carro, si diede alla fuga a piedi. Ma Barac inseguì i carri e l'esercito
fino ad Aroset-Goim; e tutto l'esercito di Sisera cadde sotto i colpi della
spada e non scampò neppure un uomo.
Gc 5:24-31; 3:16-22
Sisera fuggì a piedi verso la tenda di Iael, moglie di Eber, il Cheneo,
perché vi era pace fra Iabin, re di Asor, e la casa di Eber, il Cheneo. Iael
uscì incontro a Sisera e gli disse: «Entra, mio signore, entra da me; non
temere». Egli entrò da lei nella sua tenda e lei lo coprì con una coperta.
Egli le disse: Ti prego, dammi un po' d'acqua da bere perché ho sete.
Quella, aperto l'otre del latte, gli diede da bere e lo coprì. Egli le
disse: «Stattene all'ingresso della tenda; forse qualcuno verrà a
interrogarti e ti chiederà: "C'è qualcuno qui dentro?" Tu risponderai di
no». Allora Iael, moglie di Eber, prese un piuolo della tenda e un martello,
andò pian piano da lui e gli piantò il piuolo nella tempia tanto che esso
penetrò in terra. Egli era profondamente addormentato e sfinito; e morì.
Mentre Barac inseguiva Sisera, Iael uscì a incontrarlo e gli disse: «Vieni,
e ti mostrerò l'uomo che cerchi». Egli entrò da lei; ecco, Sisera era steso
morto, con il piuolo nella tempia. Quel giorno Dio umiliò Iabin, re di
Canaan, davanti ai figli d'Israele. La mano dei figli d'Israele si fece
sempre più pesante su Iabin, re di Canaan, finché l'ebbero annientato.
Es 15:1-21; Ac 3:3-15; Sl 18; 149:6
In quel giorno, Debora cantò questo cantico con Barac, figlio di Abinoam:
Poiché dei capi si sono messi alla testa del popolo in Israele,
poiché il popolo si è mostrato volenteroso,
benedite il SIGNORE!
Ascoltate, o re! Porgete orecchio, o prìncipi!
Al SIGNORE, sì, io canterò,
salmeggerò al SIGNORE, al Dio d'Israele.
O SIGNORE, quando uscisti dal Seir, quando venisti dai campi di Edom,
la terra tremò, e anche i cieli si sciolsero,
anche le nubi si sciolsero in acqua.
I monti furono scossi per la presenza del SIGNORE,
anche il Sinai, là, fu scosso davanti al SIGNORE, al Dio d'Israele!
Gc 3:31; 4:1-6; Sl 118:15-16
Ai giorni di Samgar, figlio di Anat,
ai giorni di Iael, le strade erano abbandonate,
e i viandanti seguivano sentieri tortuosi.
I capi mancavano in Israele; mancavano,
finché non venni io, Debora,
finché non venni io, come una madre in Israele.
Si sceglievano nuovi dèi,
e la guerra era alle porte.
Si scorgeva forse uno scudo, una lancia, fra i quarantamila uomini
d'Israele?
Il mio cuore va ai condottieri d'Israele!
O voi che vi offriste volenterosi fra il popolo,
benedite il SIGNORE!
Voi che cavalcate asine bianche,
voi che sedete su ricchi tappeti,
e voi che camminate per le vie, cantate!
Lungi dalle grida degli arcieri, là tra gli abbeveratoi,
si celebrino gli atti di giustizia del SIGNORE,
gli atti di giustizia dei suoi capi in Israele!
Allora il popolo del SIGNORE discese alle porte.
Dèstati, dèstati, Debora!
dèstati, dèstati, intona un canto!
Àlzati, Barac, e prendi i tuoi prigionieri, o figlio di Abinoam!
Allora scese un residuo, alla voce dei nobili scese un popolo,
il SIGNORE scese con me fra i prodi.
Da Efraim vennero quelli che stanno sul monte Amalec;
al tuo séguito venne Beniamino fra le tue genti;
da Machir scesero dei capi,
e da Zabulon quelli che portano il bastone del comando.
I prìncipi d'Issacar furono con Debora;
quale fu Barac, tale fu Issacar:
egli si precipitò nella valle sulle orme di lui.
Presso i ruscelli di Ruben,
le decisioni furono coraggiose!
Perché sei rimasto fra gli ovili
ad ascoltare il flauto dei pastori?
Presso i ruscelli di Ruben,
le decisioni furono coraggiose!
Galaad non ha lasciato la sua dimora oltre il Giordano;
e Dan, perché si è tenuto sulle sue navi?
Ascer è rimasto presso la riva del mare,
e si è riposato nei suoi porti.
Zabulon è un popolo che ha rischiato la vita,
così pure Neftali,
sulle alture della campagna.
I re vennero, combatterono;
allora combatterono i re di Canaan
a Taanac, presso le acque di Meghiddo;
non ne riportarono un pezzo d'argento.
Dai cieli si combatté:
gli astri, nel loro corso, combatterono contro Sisera.
Il torrente Chison li travolse,
l'antico torrente, il torrente Chison.
Anima mia, avanti, con forza!
Allora gli zoccoli dei cavalli martellavano il suolo,
al galoppo, al galoppo dei loro guerrieri in fuga.
Maledite Meroz, dice l'angelo del SIGNORE;
maledite, maledite i suoi abitanti,
perché non vennero in soccorso del SIGNORE,
in soccorso del SIGNORE insieme con i prodi!
Gc 4:17-24
Benedetta sia fra le donne Iael,
moglie di Eber, il Cheneo!
Fra le donne che stanno sotto le tende, sia benedetta!
Egli chiese dell'acqua e lei gli diede del latte;
in una coppa d'onore gli offerse della crema.
Con una mano prese il piuolo;
e con la destra, il martello degli operai;
colpì Sisera, gli spaccò la testa,
gli fracassò e gli trapassò le tempie.
Ai piedi di Iael egli si piegò, cadde, giacque disteso;
ai suoi piedi si piegò e cadde;
là, dove si piegò, cadde esanime.
La madre di Sisera guarda dalla finestra
e grida attraverso l'inferriata:
Perché il suo carro tarda ad arrivare?
Perché sono così lente le ruote dei suoi carri?
Le più sagge delle sue dame le rispondono,
e anche lei replica a sé stessa:
Non trovano forse bottino? Non se lo stanno forse dividendo?
Una fanciulla, due fanciulle per ognuno;
a Sisera un bottino di vesti variopinte;
un bottino di vesti variopinte e ricamate, variopinte e ricamate d'ambo i
lati
per le spalle del vincitore!
Così periscano tutti i tuoi nemici, o SIGNORE!
Coloro che ti amano siano come il sole quando si alza in tutta la sua forza!
Così il paese ebbe pace per quarant'anni.
CAPITOLO 6
Peccato d'Israele; oppressione di Madian
(Gc 2:11-15; 10:6-16) 2P 2:20; Ap 3:19
Ma i figli d'Israele fecero ciò che è male agli occhi del SIGNORE, e il
SIGNORE li diede nelle mani di Madian per sette anni. La mano di Madian fu
potente contro Israele; e, per la paura dei Madianiti, i figli d'Israele si
fecero quelle grotte che sono nei monti, delle caverne e dei forti. Quando
Israele aveva seminato, i Madianiti con gli Amalechiti e con i popoli
dell'oriente salivano contro di lui, si accampavano contro gl'Israeliti,
distruggevano tutti i prodotti del paese fino a Gaza e non lasciavano in
Israele né viveri, né pecore, né buoi, né asini. Infatti salivano con le
loro greggi e con le loro tende e arrivavano come una moltitudine di
cavallette; essi e i loro cammelli erano innumerevoli e venivano nel paese
per devastarlo. Israele dunque fu ridotto in grande miseria a causa di
Madian; e i figli d'Israele gridarono al SIGNORE.
Quando i figli d'Israele gridarono al SIGNORE a causa di Madian, il SIGNORE
mandò ai figli d'Israele un profeta, che disse loro: «Così dice il SIGNORE,
il Dio d'Israele: "Io vi feci salire dall'Egitto e vi feci uscire dalla casa
di schiavitù; vi liberai dalla mano degli Egiziani e dalla mano di tutti
quelli che vi opprimevano; li scacciai davanti a voi, vi diedi il loro paese
e vi dissi: Io sono il SIGNORE, il vostro Dio; non adorate gli dèi degli
Amorei nel paese dei quali abitate; ma voi non avete ascoltato la mia
voce"».
Vocazione di Gedeone
Es 3:1-12; Gc 13:9-23; Eb 11:32
Poi venne l'angelo del SIGNORE e si sedette sotto il terebinto d'Ofra, che
apparteneva a Ioas, abiezerita; e Gedeone, figlio di Ioas, trebbiava il
grano con il torchio, per nasconderlo ai Madianiti. L'angelo del SIGNORE gli
apparve e gli disse: «Il SIGNORE è con te, o uomo forte e valoroso!» Gedeone
gli rispose: «Ahimé, mio signore, se il SIGNORE è con noi, perché ci è
accaduto tutto questo? Dove sono tutte quelle sue meraviglie che i nostri
padri ci hanno narrate dicendo: "Il SIGNORE non ci ha forse fatti uscire
dall'Egitto?" Ma ora il SIGNORE ci ha abbandonati e ci ha dati nelle mani di
Madian». Allora il SIGNORE si rivolse a lui e gli disse: «Va' con questa tua
forza e salva Israele dalla mano di Madian; non sono io che ti mando?» Egli
rispose: «Ah, signore mio, con che salverò Israele? Ecco, la mia famiglia è
la più povera di Manasse, e io sono il più piccolo nella casa di mio padre».
Il SIGNORE gli disse: «Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se
fossero un uomo solo». Gedeone a lui: «Se ho trovato grazia agli occhi tuoi,
dammi un segno che sei proprio tu che mi parli. Ti prego, non te ne andare
di qui prima che io torni da te, ti porti la mia offerta e te la metta
davanti». Il SIGNORE disse: «Aspetterò finché tu ritorni».
Allora Gedeone entrò in casa, preparò un capretto e, con un efa di farina,
fece delle focacce azzime; mise la carne in un canestro, il brodo in una
pentola, gli portò tutto sotto il terebinto e glielo offrì. L'angelo di Dio
gli disse: «Prendi la carne e le focacce azzime, mettile su questa roccia, e
versavi su il brodo». Egli fece così. Allora l'angelo del SIGNORE stese la
punta del bastone che aveva in mano e toccò la carne e le focacce azzime; e
dalla roccia uscì un fuoco che consumò la carne e le focacce azzime; e
l'angelo del SIGNORE scomparve dalla sua vista. Allora Gedeone vide che era
l'angelo del SIGNORE e disse: «Misero me, Signore, mio DIO, perché ho visto
l'angelo del SIGNORE faccia a faccia!» Il SIGNORE gli disse: «Sta' in pace,
non temere, non morirai!» Allora Gedeone costruì un altare al SIGNORE e lo
chiamò SIGNORE-Pace. Esso esiste anche al giorno d'oggi, a Ofra degli
Abiezeriti.
Distruzione dell'altare di Baal
1S 7:3, ecc.; Sl 40:9-12, 14-18
Quella stessa notte, il SIGNORE gli disse: «Prendi il toro di tuo padre e il
secondo toro di sette anni, demolisci l'altare di Baal che è di tuo padre,
abbatti l'idolo che gli sta vicino e costruisci un altare al SIGNORE, al tuo
Dio, in cima a questa roccia, disponendo ogni cosa con ordine; poi prendi il
secondo toro e offrilo come olocausto usando il legno dell'idolo che avrai
abbattuto. Allora Gedeone prese dieci uomini tra i suoi servitori e fece
come il SIGNORE gli aveva detto; ma non osando farlo di giorno, per paura
della casa di suo padre e della gente della città, lo fece di notte. Quando
la gente della città l'indomani mattina si alzò, ecco che l'altare di Baal
era stato demolito, che l'idolo postovi accanto era abbattuto e che il
secondo toro era offerto in olocausto sull'altare che era stato costruito.
Si dissero l'un l'altro: «Chi ha fatto questo?» Dopo essersi informati e
dopo aver fatto delle ricerche, fu loro detto: «Gedeone, figlio di Ioas, ha
fatto questo». Allora la gente della città disse a Ioas: «Conduci fuori tuo
figlio e sia messo a morte, perché ha demolito l'altare di Baal e ha
abbattuto l'idolo che gli stava vicino». Ioas rispose a tutti quelli che
insorgevano contro di lui: «Volete difendere la causa di Baal? Volete
venirgli in soccorso? Chi vorrà difendere la sua causa sarà messo a morte
prima di domattina; se esso è un dio, difenda egli stesso la sua causa,
visto che hanno demolito il suo altare». Perciò quel giorno Gedeone fu
chiamato Ierubbaal, perché si disse: «Difenda Baal la sua causa contro di
lui, visto che egli ha demolito il suo altare». Tutti i Madianiti, gli
Amalechiti e i popoli dell'oriente si radunarono, attraversarono il Giordano
e si accamparono nella valle di Izreel. Ma lo spirito del SIGNORE si
impossessò di Gedeone, il quale sonò la tromba, e gli Abiezeriti furono
convocati per seguirlo. Egli mandò anche dei messaggeri in tutto Manasse,
invitandolo a seguirlo; mandò dei messaggeri nelle tribù di Ascer, di
Zabulon e di Neftali, e anche queste salirono a incontrarli.
2R 20:8-11
Gedeone disse a Dio: «Se vuoi salvare Israele per mano mia, come hai detto,
ecco, io metterò un vello di lana sull'aia: se c'è della rugiada sul vello
soltanto e tutto il terreno resta asciutto, io saprò che tu salverai Israele
per mia mano come hai detto». Così avvenne. La mattina dopo, Gedeone si alzò
presto, strizzò il vello e ne spremette la rugiada: una coppa piena d'acqua.
Gedeone disse a Dio: «Non si accenda l'ira tua contro di me. Io non parlerò
che questa volta soltanto. Permetti che io faccia un'altra prova con il
vello: resti asciutto soltanto il vello e ci sia della rugiada su tutto il
terreno». Dio fece così quella notte: il vello soltanto restò asciutto e ci
fu della rugiada su tutto il terreno.
CAPITOLO 7
Vittoria di Gedeone sui Madianiti
1S 14:1-23; Sl 60:14
Ierubbaal dunque, cioè Gedeone, con tutta la gente che era con lui, alzatosi
la mattina presto, si accampò presso la sorgente di Carod. L'accampamento di
Madian era a nord di quello di Gedeone, verso la collina di More, nella
valle.
Il SIGNORE disse a Gedeone: «La gente che è con te è troppo numerosa perché
io dia Madian nelle sue mani; Israele potrebbe vantarsi di fronte a me, e
dire: "È stata la mia mano a salvarmi". Fa' dunque proclamare questo, in
maniera che il popolo l'oda: Chiunque ha paura e trema se ne torni indietro
e si allontani dal monte di Galaad». E tornarono indietro ventiduemila
uomini del popolo e ne rimasero diecimila.
Il SIGNORE disse a Gedeone: «La gente è ancora troppo numerosa; falla
scendere all'acqua dove io li sceglierò per te. Quello del quale ti dirò:
Questo vada con te, andrà con te; e quello del quale ti dirò: Questo non
vada con te, non andrà». Gedeone fece dunque scendere la gente all'acqua; e
il SIGNORE gli disse: «Tutti quelli che leccheranno l'acqua con la lingua,
come la lecca il cane, li metterai da parte; così pure tutti quelli che, per
bere, si metteranno in ginocchio». Il numero di quelli che leccarono
l'acqua, portandosela alla bocca nella mano, fu di trecento uomini; tutto il
resto della gente si mise in ginocchio per bere l'acqua. Allora il SIGNORE
disse a Gedeone: «Mediante questi trecento uomini che hanno leccato l'acqua
io vi libererò e metterò i Madianiti nelle tue mani. Tutto il resto della
gente se ne vada, ognuno a casa sua». I trecento presero i viveri del popolo
e le sue trombe; e Gedeone, rimandati tutti gli altri uomini d'Israele,
ciascuno alla sua tenda, trattenne questi con sé. L'accampamento di Madian
era sotto il suo, nella valle.
Quella stessa notte, il SIGNORE disse a Gedeone: «Àlzati, piomba
sull'accampamento, perché io l'ho messo nelle tue mani. Ma se hai paura di
farlo, scendi con Pura, tuo servo, e udrai quello che dicono; e, dopo
questo, le tue mani saranno fortificate per piombare sull'accampamento».
Egli dunque scese con Pura, suo servo, fino agli avamposti
dell'accampamento. I Madianiti, gli Amalechiti e tutti i popoli dell'oriente
erano sparsi nella valle come una moltitudine di cavallette e i loro
cammelli erano innumerevoli come la sabbia che è sulla riva del mare. Quando
Gedeone arrivò, un uomo stava raccontando un sogno a un suo compagno e gli
diceva: «Ho fatto un sogno. C'era un pane tondo, d'orzo, che rotolava
nell'accampamento di Madian, giungeva alla tenda, la investiva, in modo da
farla cadere, da rovesciarla, da lasciarla per terra». Il suo compagno gli
rispose e gli disse: «Questo non è altro che la spada di Gedeone, figlio di
Ioas, uomo d'Israele; Dio ha messo nelle sue mani Madian e tutto
l'accampamento».
Quando Gedeone ebbe udito il racconto del sogno e la sua interpretazione,
adorò Dio; poi tornò all'accampamento d'Israele e disse: «Alzatevi, perché
il SIGNORE ha messo nelle vostre mani l'accampamento di Madian!» Divise i
trecento uomini in tre schiere, consegnò a tutti quanti delle trombe e delle
brocche vuote con delle fiaccole nelle brocche; e disse loro: «Guardate me e
fate come farò io; quando sarò giunto all'estremità dell'accampamento, come
farò io, così farete voi; e quando io con tutti quelli che sono con me
sonerò la tromba, anche voi sonerete le trombe intorno a tutto
l'accampamento e direte: "Per il SIGNORE e per Gedeone!"» Gedeone e i cento
uomini che erano con lui giunsero all'estremità dell'accampamento, al
principio del cambio di mezzanotte, quando si era appena dato il cambio alle
sentinelle. Sonarono le trombe e spezzarono le brocche che tenevano in mano.
Allora le tre schiere sonarono le trombe e spezzarono le brocche; con la
sinistra presero le fiaccole e con la destra le trombe per sonare, e si
misero a gridare: «La spada per il SIGNORE e per Gedeone!» Ognuno di loro
rimase al suo posto, intorno all'accampamento; e tutti quelli
dell'accampamento si misero a correre, a gridare, a fuggire. Mentre quelli
sonavano le trecento trombe, il SIGNORE fece rivolgere la spada di ciascuno
contro il compagno per tutto l'accampamento. L'esercito madianita fuggì fino
a Bet-Sitta, verso Serera, fino al limite d'Abel-Meola, presso Tabbat.
Gl'Israeliti di Neftali, di Ascer e di tutto Manasse si radunarono e
inseguirono i Madianiti.
Gedeone mandò dei messaggeri per tutta la regione montuosa di Efraim a dire:
«Scendete incontro ai Madianiti e tagliate loro il passo delle acque fino a
Bet-Bara, e i guadi del Giordano». Così tutti gli uomini di Efraim furono
radunati e si impadronirono dei passi delle acque fino a Bet-Bara e dei
guadi del Giordano. Presero due prìncipi di Madian, Oreb e Zeeb; uccisero
Oreb alla roccia di Oreb, e Zeeb al torchio di Zeeb; inseguirono i Madianiti
e portarono le teste di Oreb e di Zeeb a Gedeone, dall'altro lato del
Giordano.
CAPITOLO 8
Altre vittorie di Gedeone sui Madianiti
Gc 12:1-6; Pr 15:1
Gli uomini di Efraim dissero a Gedeone: «Perché ci hai trattati in questo
modo? Perché non ci hai chiamati quando sei andato a combattere contro
Madian?» Ebbero con lui una disputa violenta. Egli rispose loro: «Che ho
fatto io in confronto a voi? La racimolatura di Efraim non vale forse più
della vendemmia di Abiezer? Dio vi ha messo in mano i prìncipi di Madian,
Oreb e Zeeb; che dunque ho potuto fare in confronto a voi?» Quand'egli ebbe
loro detto quella parola, la loro ira contro di lui si calmò.
1S 25 (Is 9:3; Sl 83:12-13) Gc 5:23
Gedeone arrivò al Giordano, lo passò con i suoi trecento uomini, i quali,
benché stanchi, continuavano a inseguire il nemico, e disse a quelli di
Succot: «Date, vi prego, dei pani alla gente che mi segue, perché è stanca,
e io sto inseguendo Zeba e Salmunna, re di Madian». Ma i capi di Succot
risposero: «Zeba e Salmunna sono forse già nelle tue mani? Perché dovremmo
dare del pane al tuo esercito?» Gedeone disse: «Ebbene! Quando il SIGNORE
avrà messo nelle mie mani Zeba e Salmunna, io vi lascerò le carni con delle
spine del deserto e con dei rovi». Di là salì a Penuel e fece la stessa
richiesta a quelli di Penuel, ma essi gli risposero come avevano fatto
quelli di Succot. Egli disse anche a quelli di Penuel: «Quando tornerò in
pace, abbatterò questa torre».
Zeba e Salmunna erano a Carcor con il loro esercito di circa quindicimila
uomini, che era tutto quello che rimaneva dell'intero esercito dei popoli
dell'oriente, poiché centoventimila uomini armati di spada erano stati
uccisi. Gedeone salì per la via dei nomadi, a oriente di Noba e di Iogbea, e
sconfisse l'esercito, che si credeva sicuro. Zeba e Salmunna si diedero alla
fuga; ma egli li inseguì, prese i due re di Madian, Zeba e Salmunna, e
sbaragliò tutto l'esercito. Poi Gedeone, figlio di Ioas, tornò dalla
battaglia, per la salita di Cheres; prese un giovane di Succot, e lo
interrogò; e quello gli diede per iscritto i nomi dei capi e degli anziani
di Succot, che erano settantasette. Poi Gedeone andò da quelli di Succot e
disse: «Ecco Zeba e Salmunna, a proposito dei quali mi insultaste dicendo
"Zeba e Salmunna sono forse già nelle tue mani? Perché dovremmo dare del
pane alla tua gente esausta?"» Poi prese gli anziani della città, e con
delle spine del deserto e con dei rovi castigò gli uomini di Succot. Abbatté
la torre di Penuel e uccise la gente della città. Poi disse a Zeba e a
Salmunna: «Com'erano gli uomini che avete ucciso sul Tabor?» Quelli
risposero: «Erano come te; ognuno di essi aveva l'aspetto di un figlio di
re». Ed egli riprese: «Erano miei fratelli, figli di mia madre; com'è vero
che il SIGNORE vive, se aveste risparmiato la loro vita, io non vi
ucciderei!» Poi disse a Ieter, suo primogenito: «Àlzati, uccidili!» Ma il
giovane non estrasse la spada, perché aveva paura, essendo ancora un
ragazzo. Zeba e Salmunna dissero: «Àlzati tu stesso e dàcci il colpo
mortale; poiché qual è l'uomo tale è la sua forza». Gedeone si alzò, uccise
Zeba e Salmunna, e prese le mezzelune che i loro cammelli portavano al
collo.
Gedeone giudice d'Israele
1S 8 (Gc 6:24; De 12:8-14; 1R 15:14) Ez 7:20
Allora gli uomini d'Israele dissero a Gedeone: «Regna su di noi, tu, tuo
figlio, e il figlio di tuo figlio, poiché ci hai salvati dalla mano di
Madian». Ma Gedeone rispose loro: «Io non regnerò su di voi, né mio figlio
regnerà su di voi; il SIGNORE è colui che regnerà su di voi!»
Poi Gedeone disse loro: «Una cosa voglio chiedervi: che ciascuno di voi mi
dia gli anelli del suo bottino». - I nemici avevano degli anelli d'oro
perché erano Ismaeliti. - Quelli risposero: «Li daremo volentieri». E
stesero un mantello, sul quale ciascuno gettò gli anelli del suo bottino. Il
peso degli anelli d'oro, che egli aveva chiesto, fu di millesettecento sicli
d'oro, oltre alle mezzelune, ai pendenti e alle vesti di porpora che i re di
Madian avevano addosso, e oltre ai collari che i loro cammelli avevano al
collo. Gedeone ne fece un efod, che pose in Ofra, sua città, e tutto Israele
si prostituì al seguito di quello; ed esso diventò un'insidia per Gedeone e
per la sua casa.
Così Madian fu umiliato davanti ai figli d'Israele e non alzò più il capo; e
il paese ebbe pace per quarant'anni, durante la vita di Gedeone.
Ierubbaal, figlio di Ioas, tornò ad abitare a casa sua. Gedeone ebbe
settanta figli, che gli nacquero dalle sue molte mogli. La sua concubina,
che stava a Sichem, gli partorì anche lei un figlio, al quale pose nome
Abimelec. Poi Gedeone, figlio di Ioas, morì molto vecchio e fu sepolto nella
tomba di Ioas suo padre, a Ofra degli Abiezeriti.
Abimelec re di Sichem
(Gc 2:19; 2Cr 24:17-18) Gc 8:22-23; 2R 11:1-3; Pr 18:19
Dopo la morte di Gedeone, i figli d'Israele ricominciarono a prostituirsi
agl'idoli di Baal e presero Baal-Berit come loro dio. I figli d'Israele non
si ricordarono del SIGNORE, del loro Dio, che li aveva liberati dalle mani
di tutti i nemici che li circondavano; e non dimostrarono nessuna
gratitudine alla casa di Ierubbaal, ossia di Gedeone, per tutto il bene che
egli aveva fatto a Israele. CAPITOLO 9
Abimelec, figlio di Ierubbaal, andò a Sichem dai
fratelli di sua madre e parlò a loro e a tutta la famiglia del padre di sua
madre, e disse: «Vi prego, dite ai Sichemiti, in modo che tutti odano: Che
cos'è meglio per voi, che settanta uomini, tutti figli di Ierubbaal, regnino
su di voi, oppure che regni su di voi uno solo? Ricordatevi ancora che io
sono vostre ossa e vostra carne». I fratelli di sua madre parlarono di lui,
ripetendo a tutti i Sichemiti tutte quelle parole; e il cuore loro si
inclinò a favore di Abimelec, perché dissero: «È nostro fratello». Gli
diedero settanta sicli d'argento, che tolsero dal tempio di Baal-Berit, con
i quali Abimelec assoldò degli avventurieri audaci che lo seguirono. Egli
andò alla casa di suo padre, a Ofra, e uccise sopra una stessa pietra i suoi
fratelli, settanta uomini, figli di Ierubbaal; ma Iotam, figlio minore di
Ierubbaal, scampò perché si era nascosto. Poi tutti i Sichemiti e tutta la
casa di Millo si radunarono e andarono a proclamare re Abimelec, presso la
quercia del monumento che si trova a Sichem.
Avvertimento di Iotam
2R 14:9-10; Ez 17
Iotam, essendo stato informato della cosa, salì sulla vetta del monte
Garizim e, alzando la voce, gridò: «Ascoltatemi, Sichemiti, e vi ascolti
Dio!
Un giorno, gli alberi si misero in cammino per ungere un re che regnasse su
di loro; e dissero all'ulivo: "Regna tu su di noi". Ma l'ulivo rispose loro:
"E io dovrei rinunziare al mio olio che Dio e gli uomini onorano in me, per
andare ad agitarmi al di sopra degli alberi?" Allora gli alberi dissero al
fico: "Vieni tu a regnare su di noi". Ma il fico rispose loro: "E io dovrei
rinunziare alla mia dolcezza e al mio frutto squisito, per andare ad
agitarmi al di sopra degli alberi?" Poi gli alberi dissero alla vite: "Vieni
tu a regnare su di noi". Ma la vite rispose loro: "E io dovrei rinunziare al
mio vino che rallegra Dio e gli uomini, per andare ad agitarmi al di sopra
degli alberi?" Allora tutti gli alberi dissero al pruno: "Vieni tu a regnare
su di noi". Il pruno rispose agli alberi: "Se è proprio in buona fede che
volete ungermi re per regnare su di voi, venite a rifugiarvi sotto la mia
ombra; se no, esca un fuoco dal pruno, e divori i cedri del Libano!" Ora,
avete agito con fedeltà e con integrità proclamando re Abimelec? Avete agito
bene verso Ierubbaal e la sua casa? Avete ricompensato mio padre di quello
che ha fatto per voi? Infatti egli ha combattuto per voi, ha messo a
repentaglio la sua vita e vi ha liberati dalle mani di Madian, mentre voi,
oggi, siete insorti contro la casa di mio padre, avete ucciso i suoi figli,
settanta uomini, sopra una stessa pietra, e avete proclamato re dei
Sichemiti Abimelec, figlio della sua serva, perché è vostro fratello. Se
oggi avete agito con fedeltà e con integrità verso Ierubbaal e la sua casa,
godetevi Abimelec e Abimelec si goda voi! Se no, esca da Abimelec un fuoco,
che divori i Sichemiti e la casa di Millo; ed esca dai Sichemiti e dalla
casa di Millo un fuoco, che divori Abimelec!»
Poi Iotam corse via, fuggì a Beer, e rimase lì per paura di Abimelec, suo
fratello.
Castigo di Sichem; morte violenta di Abimelec
v. 1-20; Sl 7:15-17
Abimelec signoreggiò sopra Israele per tre anni. Poi Dio mandò un cattivo
spirito fra Abimelec e i Sichemiti; e i Sichemiti non furono più fedeli ad
Abimelec, affinché la violenza fatta ai settanta figli di Ierubbaal
ricevesse il suo castigo e il loro sangue ricadesse sopra Abimelec, loro
fratello, che li aveva uccisi, e sopra i Sichemiti che lo avevano aiutato a
uccidere i suoi fratelli. I Sichemiti posero in agguato contro di lui, sulla
cima dei monti, della gente che derubava chiunque passasse per la strada,
vicino a loro. Abimelec venne a saperlo.
Poi Gaal, figlio di Ebed, e i suoi fratelli vennero a Sichem e i Sichemiti
riposero in lui la loro fiducia. Usciti nei campi vendemmiarono le loro
vigne, pigiarono l'uva e fecero festa. Poi entrarono nella casa del loro
dio, mangiarono, bevvero e maledissero Abimelec. Gaal, figlio di Ebed,
disse: «Chi è Abimelec e chi è Sichem, che dobbiamo servirlo? Non è forse il
figlio di Ierubbaal? Zebul non è forse il suo commissario? Servite gli
uomini di Camor, padre di Sichem! Ma noi perché serviremmo costui? Ah, se
questo popolo fosse ai miei ordini, io scaccerei Abimelec!» Poi disse ad
Abimelec: «Rinforza il tuo esercito e fatti avanti!»
Zebul, governatore della città, avendo udito le parole di Gaal, figlio di
Ebed, si accese d'ira e mandò segretamente dei messaggeri ad Abimelec per
dirgli: «Ecco, Gaal, figlio di Ebed, e i suoi fratelli sono venuti a Sichem
e sobillano la città contro di te. Àlzati dunque di notte, con la gente che
è con te, e fa' un'imboscata nella campagna; domani mattina, allo spuntar
del sole, ti sveglierai e piomberai sulla città. Quando Gaal e i suoi uomini
usciranno contro di te, tu gli farai quel che sarà necessario».
Abimelec e tutta la gente che era con lui si alzarono di notte e si
appostarono nei dintorni di Sichem, divisi in quattro schiere. Intanto Gaal,
figlio di Ebed, uscì e si fermò all'ingresso della porta della città; e
Abimelec uscì dall'imboscata con la gente che era con lui. Gaal, veduta
quella gente, disse a Zebul: «C'è della gente che scende dall'alto dei
monti». Zebul gli rispose: «Tu vedi l'ombra dei monti e la prendi per
uomini». Gaal riprese a dire: «Guarda, c'è gente che scende dalle alture del
paese e una schiera che giunge per la via della quercia degli indovini».
Allora Zebul gli disse: «Dov'è ora la tua millanteria di quando dicevi: "Chi
è Abimelec, che dobbiamo servirlo?" Non è questo il popolo che disprezzavi?
Ora, fatti avanti e combatti contro di lui!» Allora Gaal uscì alla testa dei
Sichemiti, e diede battaglia ad Abimelec. Ma Abimelec lo inseguì ed egli
fuggì davanti a lui, e molti uomini caddero morti fino all'ingresso della
porta. Abimelec si fermò ad Aruma e Zebul scacciò Gaal e i suoi fratelli,
che non poterono più rimanere a Sichem. Il giorno seguente, il popolo di
Sichem andò nei campi; Abimelec ne fu informato. Egli prese allora la sua
gente, la divise in tre schiere e fece un'imboscata nei campi; e quando vide
che il popolo usciva dalla città, mosse contro di loro e ne fece strage. Poi
Abimelec e la gente che era con lui corsero avanti e vennero a porsi
all'ingresso della porta della città, mentre le altre due schiere si
gettarono su tutti quelli che erano nei campi e ne fecero strage. Abimelec
attaccò la città per tutta la giornata, la prese e uccise la gente che vi si
trovava; poi spianò la città e vi sparse sopra del sale.
Tutti gli abitanti della torre di Sichem, udito ciò, si ritirarono nel
torrione del tempio di El-Berit. Fu riferito ad Abimelec che tutti gli
abitanti della torre di Sichem si erano radunati lì. Allora Abimelec salì
sul monte Salmon con tutta la gente che era con lui; prese una scure, tagliò
un ramo d'albero, lo sollevò e se lo mise sulla spalla; poi disse a quelli
che erano con lui: «Quello che mi avete visto fare fatelo presto anche voi!»
Tutti tagliarono dei rami, ognuno il suo, e seguirono Abimelec; posero i
rami contro al torrione e lo incendiarono con quelli che vi erano dentro.
Così perì tutta la gente della torre di Sichem, circa mille persone, fra
uomini e donne.
Poi Abimelec andò a Tebes, la cinse d'assedio e se ne impadronì. In mezzo
alla città vi era una forte torre, dove si rifugiarono tutti gli abitanti
della città, uomini e donne; vi si rinchiusero dentro e salirono sul tetto
della torre. Abimelec, giunto alla torre, l'attaccò e si accostò alla porta
per appiccarvi il fuoco. Ma una donna gettò giù un pezzo di macina sulla
testa di Abimelec e gli spezzò il cranio. Egli chiamò subito il giovane che
gli portava le armi, e gli disse: «Estrai la spada e uccidimi, affinché non
si dica: "Lo ha ammazzato una donna!"» Il suo servo allora lo trafisse ed
egli morì. Quando gli Israeliti videro che Abimelec era morto, se ne
andarono, ognuno a casa sua.
Così Dio fece ricadere sopra Abimelec il male che egli aveva fatto contro
suo padre uccidendo i suoi settanta fratelli. Dio fece anche ricadere sul
capo degli uomini di Sichem tutto il male che avevano fatto; e su di loro si
compì la maledizione di Iotam, figlio di Ierubbaal.
CAPITOLO 10
Tola e Iair, giudici d'Israele
Gc 12:8-15; Sl 94:14
Dopo Abimelec, per liberare Israele, vi fu Tola, figlio di Pua, figlio di
Dodo, uomo d'Issacar. Abitava a Samir, nella regione montuosa di Efraim; fu
giudice d'Israele per ventitré anni; poi morì e fu sepolto a Samir.
Dopo di lui vi fu Iair, il Galaadita, che fu giudice d'Israele per ventidue
anni; ebbe trenta figli che cavalcavano trenta asinelli e avevano trenta
città, che si chiamano anche oggi i borghi di Iair e sono nel paese di
Galaad. Poi Iair morì e fu sepolto a Camon.
I Filistei e gli Ammoniti opprimono Israele
(De 31:16-18; 1S 12:9-11; Is 63:10)(Pr 28:13; Gr 31:18-21) La 3:21-23, 31-33
I figli d'Israele continuarono a fare ciò che è male agli occhi del SIGNORE
e servirono gli idoli di Baal e di Astarte, gli dèi della Siria, gli dèi di
Sidon, gli dèi di Moab, gli dèi degli Ammoniti e gli dèi dei Filistei;
abbandonarono il SIGNORE e non lo servirono più. L'ira del SIGNORE si accese
contro i figli d'Israele ed egli li diede nelle mani dei Filistei e nelle
mani dei figli di Ammon. In quell'anno questi angariarono e oppressero i
figli d'Israele; per diciotto anni oppressero tutti i figli d'Israele che
erano di là dal Giordano nel paese degli Amorei, in Galaad. I figli di Ammon
attraversarono il Giordano per combattere anche contro Giuda, contro
Beniamino e contro la casa d'Efraim; e Israele fu in grande angoscia.
Allora i figli d'Israele gridarono al SIGNORE, e dissero: «Abbiamo peccato
contro di te, perché abbiamo abbandonato il nostro Dio e abbiamo servito i
vari Baal». Il SIGNORE disse ai figli d'Israele: «Non vi ho liberati dagli
Egiziani, dagli Amorei, dai figli di Ammon e dai Filistei? Quando i Sidoni,
gli Amalechiti e i Maoniti vi opprimevano e voi gridaste a me, non vi
liberai dalle loro mani? Eppure, mi avete abbandonato e avete servito altri
dèi; perciò io non vi libererò più. Andate a gridare agli dèi che avete
scelto; vi salvino essi nel tempo della vostra angoscia!» I figli d'Israele
dissero al SIGNORE: «Abbiamo peccato; facci tutto quello che a te piace;
soltanto, te ne preghiamo, liberaci oggi!» Allora tolsero di mezzo a loro
gli dèi stranieri e servirono il SIGNORE, che si addolorò per l'afflizione
d'Israele.
I figli di Ammon si adunarono e si accamparono in Galaad e pure i figli
d'Israele si adunarono e si accamparono a Mispa. Il popolo, i prìncipi di
Galaad, si dissero l'un l'altro: «Chi sarà l'uomo che comincerà l'attacco
contro i figli di Ammon? Egli sarà il capo di tutti gli abitanti di Galaad».
CAPITOLO 11
Iefte, giudice d'Israele
Gc 10:17-18; Eb 11:32-33
Iefte, il Galaadita, era un uomo forte e valoroso, figlio di una prostituta,
e aveva Galaad per padre. La moglie di Galaad gli aveva dato dei figli; e
quando essi furono grandi, scacciarono Iefte e gli dissero: «Tu non avrai
eredità in casa di nostro padre, perché sei figlio di un'altra donna». Iefte
se ne fuggì lontano dai suoi fratelli e si stabilì nel paese di Tob. Degli
avventurieri si raccolsero intorno a Iefte e facevano delle incursioni con
lui.
Qualche tempo dopo avvenne che i figli di Ammon mossero guerra a Israele.
Mentre i figli di Ammon erano in guerra contro Israele, gli anziani di
Galaad andarono a cercare Iefte nel paese di Tob. Dissero a Iefte: «Vieni,
sii nostro capitano e combatteremo contro i figli di Ammon». Ma Iefte
rispose agli anziani di Galaad: «Non mi avete odiato e scacciato dalla casa
di mio padre? Perché venite da me ora che siete nell'angoscia?» Gli anziani
di Galaad dissero a Iefte: «Appunto per questo ora torniamo da te, perché tu
venga con noi a combattere contro i figli di Ammon e tu sia capo di noi
tutti che abitiamo in Galaad». Iefte rispose agli anziani di Galaad: «Se mi
fate ritornare da voi per combattere contro i figli di Ammon e il SIGNORE li
dà in mio potere, io sarò vostro capo». Gli anziani di Galaad dissero a
Iefte: «Il SIGNORE sia testimone e giudice se non facciamo quello che hai
detto». Iefte dunque andò con gli anziani di Galaad; il popolo lo nominò suo
capo e condottiero e Iefte ripeté davanti al SIGNORE, a Mispa, tutte le
parole che aveva dette prima.
Nu 21:21-32; De 2:17-37
Poi Iefte inviò dei messaggeri al re degli Ammoniti per dirgli: «Perché
vieni contro di me per fare guerra al mio paese?» Il re degli Ammoniti
rispose ai messaggeri di Iefte: «Mi sono mosso perché, quando Israele salì
dall'Egitto, s'impadronì del mio paese, dall'Arnon fino allo Iabboc e al
Giordano. Rendimelo amichevolmente».
Iefte inviò di nuovo dei messaggeri al re degli Ammoniti per dirgli: «Così
dice Iefte: Israele non si impadronì del paese di Moab, né del paese degli
Ammoniti; ma, quando Israele salì dall'Egitto e attraversò il deserto fino
al mar Rosso e giunse a Cades, inviò dei messaggeri al re di Edom per
dirgli: "Ti prego, lasciami passare per il tuo paese"; ma il re di Edom non
acconsentì. Ne mandò anche al re di Moab, il quale pure rifiutò; e Israele
rimase a Cades. Poi camminò per il deserto, fece il giro del paese di Edom e
del paese di Moab, giunse a oriente del paese di Moab e si accampò di là
dall'Arnon, senza entrare nel territorio di Moab; perché l'Arnon segna il
confine di Moab. Israele inviò dei messaggeri a Sicon, re degli Amorei, re
di Chesbon e gli mandò a dire: "Ti preghiamo, lasciaci passare attraverso il
tuo paese, per arrivare al nostro". Ma Sicon non si fidò d'Israele e non gli
permise di passare per il suo territorio; anzi Sicon radunò tutta la sua
gente, si accampò a Iaas e combatté contro Israele. Il SIGNORE, il Dio
d'Israele, diede Sicon e tutta la sua gente nelle mani d'Israele, che li
sconfisse; così Israele conquistò tutto il paese degli Amorei, che abitavano
quella regione; conquistò tutto il territorio degli Amorei, dall'Arnon allo
Iabboc e dal deserto al Giordano. Ora che il SIGNORE, il Dio d'Israele, ha
scacciato gli Amorei davanti a Israele, che è il suo popolo, dovresti tu
possedere il loro paese? Non possiedi tu quello che Chemos, il tuo dio, ti
ha fatto possedere? Così anche noi possederemo il paese di quelli che il
SIGNORE ha scacciato davanti a noi. Sei tu forse migliore di Balac, figlio
di Sippor, re di Moab? Litigò egli con Israele? Gli fece guerra? Sono
trecento anni che Israele abita a Chesbon e nelle città del suo territorio,
ad Aroer e nelle città del suo territorio e in tutte le città lungo l'Arnon;
perché non gliele avete tolte durante questo tempo? Io non ti ho offeso. Tu
agisci male verso di me, movendomi guerra. Il SIGNORE, il giudice, giudichi
oggi tra i figli d'Israele e i figli di Ammon!»
Ma il re degli Ammoniti non diede ascolto alle parole che Iefte gli aveva
mandato a dire.
Disfatta degli Ammoniti; la figlia di Iefte
1S 12:10-11 (Nu 30:3; Ec 5:1-5) 1S 14:24-45
Allora lo spirito del SIGNORE venne su Iefte, che attraversò Galaad e
Manasse, passò a Mispa di Galaad e da Mispa di Galaad mosse contro i figli
di Ammon. Iefte fece un voto al SIGNORE e disse: «Se tu mi dai nelle mani i
figli di Ammon, chiunque uscirà dalla porta di casa mia per venirmi
incontro, quando tornerò vincitore sugli Ammoniti, sarà del SIGNORE e io
l'offrirò in olocausto».
Iefte marciò contro i figli di Ammon per fare loro guerra e il SIGNORE
glieli diede nelle mani. Egli li sconfisse da Aroer fino a Minnit,
devastando venti città, e fino ad Abel-Cheramin; fu una grandissima
sconfitta per i figli di Ammon che furono umiliati davanti ai figli
d'Israele.
Iefte tornò a Mispa, a casa sua; ed ecco uscirgli incontro sua figlia, con
timpani e danze. Era l'unica sua figlia; non aveva altri figli né altre
figlie. Come la vide, si stracciò le vesti e disse: «Ah, figlia mia! tu mi
riempi d'angoscia! tu sei fra quelli che mi fanno soffrire! Io ho fatto una
promessa al SIGNORE e non posso revocarla». Lei gli disse: «Padre mio, se
hai dato la tua parola al SIGNORE, trattami secondo la tua promessa, poiché
il SIGNORE ti ha permesso di vendicarti dei figli di Ammon, tuoi nemici».
Poi disse a suo padre: «Mi sia concesso questo: lasciami libera per due
mesi, affinché vada su e giù per i monti a piangere la mia verginità con le
mie compagne». Egli le rispose: «Va'!» e la lasciò andare per due mesi. Lei
se ne andò con le sue compagne e pianse sui monti la sua verginità. Alla
fine dei due mesi, tornò da suo padre; ed egli fece di lei quello che aveva
promesso. Lei non aveva conosciuto uomo. Di qui venne in Israele l'usanza
che le figlie d'Israele vadano tutti gli anni a celebrare la figlia di
Iefte, il Galaadita, per quattro giorni.
Gc 8:1-3; Pr 17:14 (2Ti 2:19)
Gli uomini di Efraim si radunarono, passarono a Safon e dissero a Iefte:
«Perché sei andato a combattere contro i figli di Ammon e non ci hai
chiamati ad andare con te? Noi bruceremo la tua casa e te con essa». Iefte
rispose loro: «Io e il mio popolo abbiamo avuto grande ostilità con i figli
di Ammon; e quando vi ho chiamati in aiuto, non mi avete liberato dalle loro
mani. Vedendo che voi non venivate in mio soccorso, ho posto a repentaglio
la mia vita, ho marciato contro i figli di Ammon e il SIGNORE li ha messi
nelle mie mani. Perché dunque oggi siete saliti contro di me per muovermi
guerra?»
Poi Iefte, radunati tutti gli uomini di Galaad, diede battaglia a Efraim; e
gli uomini di Galaad sconfissero gli Efraimiti, perché questi li insultavano
dicendo: «Voi, Galaaditi, siete dei fuggiaschi di Efraim, in mezzo a Efraim
e in mezzo a Manasse!» I Galaaditi intercettarono i guadi del Giordano agli
Efraimiti; e quando uno dei fuggiaschi d'Efraim diceva: «Lasciatemi
passare», gli uomini di Galaad gli chiedevano: «Sei un Efraimita?» Se quello
rispondeva: «No», i Galaaditi gli dicevano: «Ebbene, di' Scibbolet»; e
quello diceva: «Sibbolet», senza fare attenzione a pronunciare bene; allora
lo afferravano e lo scannavano presso i guadi del Giordano. Perirono in quel
tempo quarantaduemila Efraimiti.
Iefte fu giudice d'Israele per sei anni. Poi Iefte, il Galaadita, morì e fu
sepolto in una delle città di Galaad.
Ibsan, Elon e Abdon, giudici d'Israele
Gc 10:1-5; Sl 127:3-5; Is 32:16-18
Dopo di lui fu giudice d'Israele Ibsan di Betlemme, che ebbe trenta figli,
fece sposare le sue trenta figlie con gente di fuori, e fece venire da fuori
trenta fanciulle per i suoi figli. Fu giudice d'Israele per sette anni. Poi
Ibsan morì e fu sepolto a Betlemme.
Dopo di lui fu giudice d'Israele Elon, lo Zabulonita; fu giudice d'Israele
per dieci anni. Poi Elon, lo Zabulonita, morì e fu sepolto ad Aialon, nel
paese di Zabulon. Dopo di lui fu giudice d'Israele Abdon, figlio di Illel,
il Piratonita. Ebbe quaranta figli e trenta nipoti, i quali cavalcavano
settanta asinelli. Fu giudice d'Israele per otto anni. Poi Abdon, figlio di
Illel, il Piratonita, morì e fu sepolto a Piraton, nel paese di Efraim, sul
monte Amalec.
Lu 1:5-16; Nu 6:1-8 (Gr 1:5; Ga 1:15)
I figli d'Israele continuarono a fare ciò che era male agli occhi del
SIGNORE e il SIGNORE li diede nelle mani dei Filistei per quarant'anni.
C'era un uomo di Sorea, della famiglia dei Daniti, di nome Manoà; sua moglie
era sterile e non aveva figli. L'angelo del SIGNORE apparve alla donna, e le
disse: «Ecco, tu sei sterile e non hai figli; ma concepirai e partorirai un
figlio. Ora guardati dunque dal bere vino o bevanda alcolica e non mangiare
nulla di impuro. Poiché ecco, tu concepirai e partorirai un figlio, sulla
testa del quale non passerà rasoio, giacché il bambino sarà un nazireo,
consacrato a Dio dal seno di sua madre, e sarà lui che comincerà a liberare
Israele dalle mani dei Filistei».
La donna andò a dire a suo marito: «Un uomo di Dio è venuto da me; aveva
l'aspetto di un angelo di Dio: un aspetto davvero tremendo. Io non gli ho
domandato da dove veniva, ed egli non mi ha detto il suo nome; ma mi ha
detto: "Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio; ora non bere né vino né
bevanda alcolica e non mangiare niente di impuro, perché il bambino sarà un
nazireo, consacrato a Dio dal seno di sua madre e fino al giorno della sua
morte"».
Gm 1:5; Gc 6:17-24; Gr 33:3
Allora Manoà supplicò il SIGNORE e disse: «Signore, ti prego che l'uomo di
Dio che ci avevi mandato torni di nuovo a noi e ci insegni quello che
dobbiamo fare per il bambino che nascerà». Dio esaudì la preghiera di Manoà;
e l'angelo di Dio tornò ancora dalla donna, che era seduta nel campo; ma
Manoà, suo marito, non era con lei. La donna corse in fretta a informare suo
marito e gli disse: «Ecco, quell'uomo che venne da me l'altro giorno mi è
apparso». Manoà si alzò, andò dietro a sua moglie e, raggiunto quell'uomo,
gli disse: «Sei tu che parlasti a questa donna?» E quegli rispose: «Sono
io». E Manoà: «Quando la tua parola si sarà avverata, quale norma si dovrà
seguire per il bambino? Che cosa si dovrà fare per lui?» L'angelo del
SIGNORE rispose a Manoà: «Si astenga la donna da tutto quello che le ho
detto. Non mangi nessun prodotto della vigna, né beva vino o bevanda
alcolica, e non mangi niente d'impuro; osservi tutto quello che le ho
comandato». Manoà disse all'angelo del SIGNORE: «Ti prego, permettici di
trattenerti e di prepararti un capretto!» L'angelo del SIGNORE rispose a
Manoà: «Anche se tu mi trattenessi non mangerei del tuo cibo; ma, se vuoi
fare un olocausto, offrilo al SIGNORE». Manoà non sapeva che quello fosse
l'angelo del SIGNORE. Poi Manoà disse all'angelo del SIGNORE: «Qual è il tuo
nome, affinché, quando si saranno adempiute le tue parole, noi ti rendiamo
onore?» L'angelo del SIGNORE gli rispose: «Perché mi chiedi il mio nome?
Esso è meraviglioso». Manoà prese il capretto e l'oblazione e li offrì al
SIGNORE su una roccia. Allora avvenne una cosa prodigiosa: Manoà e sua
moglie stavano guardando, e mentre la fiamma saliva dall'altare al cielo,
l'angelo del SIGNORE salì con la fiamma dell'altare. Manoà e sua moglie,
vedendo questo, caddero con la faccia a terra. L'angelo del SIGNORE non
apparve più né a Manoà né a sua moglie. Allora Manoà riconobbe che quello
era l'angelo del SIGNORE e disse a sua moglie: «Noi moriremo sicuramente,
perché abbiamo visto Dio». Ma sua moglie gli disse: «Se il SIGNORE avesse
voluto farci morire, non avrebbe accettato dalle nostre mani l'olocausto e
l'oblazione; non ci avrebbe fatto vedere tutte queste cose e non ci avrebbe
fatto udire proprio ora delle cose come queste».
Eb 11:32-34
Poi la donna partorì un figlio, a cui pose nome Sansone. Il bambino crebbe e
il SIGNORE lo benedisse. Lo spirito del SIGNORE cominciò ad agitarlo quando
era a Maane-Dan, fra Sorea ed Estaol.
CAPITOLO 14
Matrimonio e prime imprese di Sansone
(De 7:3-4; Ne 13:23-27) 1S 17:34-37; Pr 20:29
Sansone scese a Timna e vide là una donna tra le figlie dei Filistei.
Tornato a casa, ne parlò a suo padre e a sua madre, e disse: «Ho visto a
Timna una donna tra le figlie dei Filistei; prendetemela dunque per moglie».
Suo padre e sua madre gli dissero: «Non c'è tra le figlie dei tuoi fratelli
in tutto il nostro popolo una donna per te? Devi andare a prenderti una
moglie tra i Filistei incirconcisi?» Sansone rispose a suo padre: «Prendimi
quella perché mi piace». Suo padre e sua madre non sapevano che questo
veniva dal SIGNORE; Sansone infatti cercava un'occasione di contesa da parte
dei Filistei. In quel tempo, i Filistei dominavano Israele.
Poi Sansone scese con suo padre e sua madre a Timna; e quando giunsero alle
vigne di Timna, ecco un leoncello venirgli incontro ruggendo. Lo spirito del
SIGNORE investì Sansone, che, senza aver niente in mano, squartò la belva,
come uno squarta un capretto; ma non disse nulla a suo padre né a sua madre
di ciò che aveva fatto. E scese, parlò alla donna, e questa gli piacque.
Di lì a qualche tempo, tornò per prenderla e uscì di strada per vedere la
carcassa del leone; ed ecco nella carcassa del leone c'era uno sciame d'api
e del miele. Egli prese in mano il miele, e si mise a mangiarlo per via; e
quando ebbe raggiunto suo padre e sua madre, ne diede loro ed essi ne
mangiarono; ma non disse loro che aveva preso il miele dalla carcassa del
leone.
(Gc 15:1-8; 16:4-21) Mi 7:5
Suo padre scese a trovare quella donna e là Sansone fece un convito; perché
tale era il costume dei giovani. Appena i parenti della sposa videro
Sansone, invitarono trenta compagni perché stessero con lui. Sansone disse
loro: «Io vi proporrò un enigma; se voi me lo spiegate entro i sette giorni
del convito e se l'indovinate, vi darò trenta tuniche e trenta vesti; ma, se
non me lo potete spiegare, darete trenta tuniche e trenta vesti a me».
Quelli gli risposero: «Proponi il tuo enigma e noi l'ascolteremo». Egli
disse loro: «Dal mangiatore è uscito del cibo, e dal forte è uscito il
dolce». Per tre giorni quelli non poterono spiegare l'enigma. Il settimo
giorno dissero alla moglie di Sansone: «Tenta tuo marito affinché ci spieghi
l'enigma; se no, daremo fuoco a te e alla casa di tuo padre. E che? ci avete
invitati per spogliarci?» La moglie di Sansone si mise a piangere presso di
lui e a dirgli: «Tu non hai per me che dell'odio e non mi ami; hai proposto
un enigma ai figli del mio popolo, e non me l'hai spiegato!» Egli a lei:
«Ecco, non l'ho spiegato né a mio padre né a mia madre e lo spiegherei a
te?» Lei pianse presso di lui, per i sette giorni che durava il convito; il
settimo giorno Sansone glielo spiegò, perché lo tormentava; e lei spiegò
l'enigma ai figli del suo popolo. Gli uomini della città, il settimo giorno,
prima che tramontasse il sole, dissero a Sansone: «Cos'è più dolce del
miele? e chi è più forte del leone?» Egli rispose loro: «Se non aveste arato
con la mia giovenca, non avreste indovinato il mio enigma».
Lo spirito del SIGNORE lo investì ed egli scese ad Ascalon, vi uccise trenta
uomini, prese le loro spoglie e diede le vesti a quelli che avevano spiegato
l'enigma. Poi, acceso d'ira, risalì a casa di suo padre. Ma la moglie di
Sansone fu data al compagno, che egli si era scelto per amico.
CAPITOLO 15
Imprese di Sansone contro i Filistei
Gc 14:20; 15:4
Al tempo della mietitura del grano, Sansone andò a visitare sua moglie, le
portò un capretto e disse: «Voglio entrare in camera da mia moglie». Ma il
padre di lei non gli permise di entrare e gli disse: «Io credevo sicuramente
che tu l'avessi presa in odio, perciò l'ho data al tuo compagno; sua sorella
minore non è più bella di lei? Prendila dunque al suo posto». Sansone
rispose loro: «Questa volta, non avrò colpa, se farò del male ai Filistei».
Sansone se ne andò e catturò trecento sciacalli; prese pure delle fiaccole,
mise gli sciacalli coda contro coda e una fiaccola in mezzo, fra le due
code. Poi accese le fiaccole, fece correre gli sciacalli per i campi di
grano dei Filistei e bruciò i covoni ammassati, il grano ancora in piedi e
perfino gli uliveti.
I Filistei chiesero: «Chi ha fatto questo?» Fu risposto: «Sansone, il genero
del Timneo, perché questi gli ha preso la moglie e l'ha data al compagno di
lui». I Filistei salirono e bruciarono lei e suo padre. Sansone disse loro:
«Poiché agite in questo modo, siate certi che non mi fermerò finché non mi
sarò vendicato di voi». E li sbaragliò interamente, facendone una grande
strage. Poi discese e si ritirò nella caverna della roccia d'Etam.
(Gc 16:4-12; 3:31) Sl 9:11
Allora i Filistei salirono, si accamparono in Giuda e si spinsero fino a
Lechi. Gli uomini di Giuda dissero loro: «Perché siete saliti contro di
noi?» Quelli risposero: «Siamo saliti per legare Sansone; per fare a lui
quello che ha fatto a noi». Tremila uomini di Giuda scesero alla caverna
della roccia di Etam e dissero a Sansone: «Non sai che i Filistei sono
nostri dominatori? Che è dunque questo che ci hai fatto?» Egli rispose loro:
«Quello che hanno fatto a me, l'ho fatto a loro». Essi gli dissero: «Noi
siamo venuti per legarti e darti in mano ai Filistei». Sansone replicò loro:
«Giuratemi che voi stessi non mi ucciderete». Quelli risposero: «No, ti
legheremo soltanto e ti daremo nelle loro mani; ma certamente non ti
metteremo a morte». Così lo legarono con due funi nuove e lo fecero uscire
dalla caverna.
Quando giunse a Lechi, i Filistei gli si fecero incontro con grida di gioia,
ma lo spirito del SIGNORE lo investì, e le funi che aveva alle braccia
divennero come fili di lino a cui si appicchi il fuoco; e i legami gli
caddero dalle mani. Poi, trovata una mascella d'asino ancora fresca, stese
la mano, l'afferrò e uccise con essa mille uomini.
Sansone disse:
«Con una mascella d'asino, un mucchio! due mucchi!
Con una mascella d'asino ho ucciso mille uomini».
Quando ebbe finito di parlare, gettò via la mascella e chiamò quel luogo
Ramat-Lechi.
Es 17:3-6; Sl 94:17-18; Is 41:17-18
Poi ebbe molta sete, invocò il SIGNORE, e disse: «Tu hai concesso questa
grande liberazione per mano del tuo servo; ora, dovrò forse morire di sete e
cadere nelle mani degli incirconcisi?» Allora Dio fendè la roccia concava
che è a Lechi e ne uscì dell'acqua. Sansone bevve, il suo spirito si rianimò
ed egli riprese vita. Perciò quella fonte fu chiamata En-Accore; essa esiste
anche al giorno d'oggi a Lechi.
Sansone fu giudice d'Israele, al tempo dei Filistei, per vent'anni.
CAPITOLO 16
Sansone tradito da Dalila, e prigioniero dei Filistei
Pr 5:3, ecc.; 7:4, ecc.; Ec 7:26
Sansone andò a Gaza, vide là una prostituta ed entrò da lei. Fu detto a
quelli di Gaza: «Sansone è venuto qua». Essi lo circondarono, stettero in
agguato tutta la notte presso la porta della città e tutta quella notte
rimasero quieti e dissero: «Allo spuntar del giorno l'uccideremo». Sansone
rimase a letto fino a mezzanotte; e a mezzanotte si alzò, afferrò i battenti
della porta della città e i due stipiti, li divelse insieme con la sbarra,
se li mise sulle spalle e li portò in cima al monte che è di fronte a Ebron.
Dopo questo si innamorò di una donna della valle di Sorec, che si chiamava
Dalila. I prìncipi dei Filistei salirono da lei e le dissero: «Tentalo, e
vedi da dove viene quella sua gran forza, e come potremmo prevalere contro
di lui per giungere a legarlo e a domarlo; e ti daremo ciascuno millecento
sicli d'argento». Dalila dunque disse a Sansone: «Dimmi, ti prego, da dove
viene la tua gran forza e in che modo ti si potrebbe legare per domarti».
Sansone le rispose: «Se mi si legasse con sette corde d'arco fresche, non
ancora secche, io diventerei debole e sarei come un uomo qualsiasi». Allora
i prìncipi dei Filistei le portarono sette corde d'arco fresche, non ancora
secche e lei lo legò con esse. C'era gente che stava in agguato, da lei, in
una camera interna. Lei gli disse: «Sansone, i Filistei ti sono addosso!»
Egli ruppe le corde, come un filo di stoppa si rompe quando sente il fuoco.
Così il segreto della sua forza rimase sconosciuto. Poi Dalila disse a
Sansone: «Ecco, tu mi hai beffata e mi hai detto delle bugie; ora dimmi, ti
prego, con che cosa ti si potrebbe legare». Egli le rispose: «Se mi si
legasse con funi nuove che non fossero ancora state adoperate, io diventerei
debole e sarei come un uomo qualsiasi». Dalila dunque prese delle funi
nuove, lo legò e gli disse: «Sansone, i Filistei ti sono addosso!» C'era
gente in agguato nella camera interna. Egli ruppe, come un filo, le funi che
aveva alle braccia.
Dalila disse a Sansone: «Fino ad ora tu mi hai beffata e mi hai detto delle
bugie; dimmi con che ti si potrebbe legare». Egli le rispose: «Se tesserai
le sette trecce del mio capo con il tuo telaio». Lei le fissò al subbio, poi
gli disse: «Sansone, i Filistei ti sono addosso!» Ma egli si svegliò dal
sonno e strappò via il subbio del telaio con l'ordito.
Lei gli disse: «Come fai a dirmi: "Ti amo", mentre il tuo cuore non è con
me? Già tre volte mi hai beffata, e non mi hai detto da dove viene la tua
gran forza». La donna faceva ogni giorno pressione su di lui con le sue
parole e lo tormentava. Egli ne fu rattristato a morte e le aperse tutto il
suo cuore e le disse: «Non è mai passato rasoio sulla mia testa, perché sono
un nazireo, consacrato a Dio, dal seno di mia madre; se mi tagliassero i
capelli, la mia forza se ne andrebbe, diventerei debole e sarei come un uomo
qualsiasi». Dalila, visto che egli le aveva aperto tutto il suo cuore, mandò
a chiamare i prìncipi dei Filistei e fece dire loro: «Venite su, questa
volta, perché egli mi ha aperto tutto il suo cuore». Allora i prìncipi dei
Filistei salirono da lei, e portarono con sé il denaro. Lei lo fece
addormentare sulle sue ginocchia, chiamò un uomo e gli fece tagliare le
sette trecce della testa di Sansone; così giunse a domarlo; e la sua forza
lo lasciò. Allora lei gli disse: «Sansone, i Filistei ti sono addosso!»
Egli, svegliatosi dal sonno, disse: «Io ne uscirò come le altre volte, e mi
libererò». Ma non sapeva che il SIGNORE si era ritirato da lui. I Filistei
lo presero e gli cavarono gli occhi; lo fecero scendere a Gaza e lo legarono
con catene di bronzo. Ed egli girava la macina nella prigione.
Morte di Sansone
Mi 7:8-10; 1Te 5:2-3; Pr 24:17-18
Intanto, la capigliatura che gli avevano tagliata cominciava a ricrescergli.
Ora i prìncipi dei Filistei si radunarono per offrire un grande sacrificio a
Dagon, loro dio, e per rallegrarsi. Dicevano: «Il nostro dio ci ha dato
nelle mani Sansone, nostro nemico. Quando il popolo lo vide, cominciò a
lodare il suo dio e a dire: «Il nostro dio ci ha dato nelle mani il nostro
nemico, colui che ci devastava il paese e che ha ucciso tanti di noi». Nella
gioia del loro cuore, dissero: «Chiamate Sansone, ché ci faccia divertire!»
Fecero quindi uscire Sansone dalla prigione ed egli si mise a fare il
buffone in loro presenza. Lo posero fra le colonne; Sansone disse al ragazzo
che lo teneva per mano: «Lasciami, che io possa toccare le colonne sulle
quali poggia la casa, e mi appoggi a esse». La casa era piena di uomini e
donne; e tutti i prìncipi dei Filistei erano lì; e c'erano sul tetto circa
tremila persone, fra uomini e donne, che stavano a guardare mentre Sansone
faceva il buffone. Allora Sansone invocò il SIGNORE e disse: «SIGNORE mio
Dio, ti prego, ricòrdati di me! Dammi forza per questa volta soltanto, o
Dio, perché io mi vendichi in un colpo solo dei Filistei, per la perdita dei
miei due occhi». Sansone tastò le due colonne di mezzo, che sostenevano la
casa; si appoggiò a esse: all'una con la destra, all'altra con la sinistra e
disse: «Che io muoia insieme con i Filistei!» Si curvò con tutta la sua
forza e la casa crollò addosso ai prìncipi e a tutto il popolo che c'era
dentro; così quelli che uccise mentre moriva furono di più di quanti ne
aveva uccisi durante la sua vita. Poi i suoi fratelli e tutta la casa di suo
padre scesero e lo portarono via; quindi risalirono e lo seppellirono fra
Sorea ed Estaol, nel sepolcro di Manoà, suo padre. Egli era stato giudice
d'Israele per venti anni.
CAPITOLO 17
Culto idolatra nella casa di Mica in Efraim
De 27:15; Gc 8:24-27; Gr 50:6; Pr 14:12
C'era un uomo nella regione montuosa di Efraim che si chiamava Mica. Egli
disse a sua madre: «I millecento sicli d'argento che ti hanno rubato e a
proposito dei quali hai pronunziato una maledizione, e l'hai pronunziata in
mia presenza, ecco, li ho io; quel denaro l'avevo preso io». Sua madre
disse: «Il Signore ti benedica, figlio mio!» Egli restituì a sua madre i
millecento sicli d'argento, e sua madre disse: «Io consacro al SIGNORE, di
mano mia, quest'argento a favore di mio figlio, per farne un'immagine
scolpita e un'immagine di metallo fuso; e ora te lo rendo». Quando egli ebbe
restituito l'argento a sua madre, questa prese duecento sicli e li diede al
fonditore, il quale ne fece un'immagine scolpita, di metallo fuso, che fu
messa in casa di Mica. Così quest'uomo, Mica, ebbe una casa per gli idoli;
fece un efod e degli idoli domestici e consacrò uno dei suoi figli, che
teneva come sacerdote.
In quel tempo non vi era re in Israele; ognuno faceva quello che gli pareva
meglio.
Vi era un giovane di Betlemme di Giuda, della famiglia di Giuda, il quale
era un Levita, e abitava in questo luogo. Quest'uomo partì dalla città di
Betlemme di Giuda, per cercare un luogo adatto dove stabilirsi; e, cammin
facendo, giunse nella regione montuosa di Efraim, alla casa di Mica. Mica
gli chiese: «Da dove vieni?» Quello gli rispose: «Sono un Levita di Betlemme
di Giuda e vado a stabilirmi dove troverò un luogo adatto». Mica gli disse:
«Rimani con me e sii per me padre e sacerdote; ti darò dieci sicli d'argento
all'anno, un vestito completo e il vitto». Il Levita entrò. Egli acconsentì
a stare con quell'uomo, che trattò il giovane come uno dei suoi figli. Mica
consacrò quel Levita; il giovane gli servì da sacerdote e si stabilì in casa
sua. Mica disse: «Ora so che il SIGNORE mi farà del bene, perché ho questo
Levita come mio sacerdote».
CAPITOLO 18
I Daniti, alla ricerca di un territorio, rubano l'idolo di Mica
(Gc 1:34; Gs 19:40-47) Gc 17; Is 45:20; Mt 6:19
In quel tempo, non vi era re in Israele; e in quel medesimo tempo, la tribù
dei Daniti cercava un suo territorio per stabilirvisi, perché, fino a quei
giorni, non le era toccata alcuna eredità fra le tribù d'Israele. I figli di
Dan mandarono dunque da Sorea e da Estaol cinque uomini della loro tribù,
scelti fra loro tutti, uomini valorosi, per esplorare ed esaminare il paese;
e dissero loro: «Andate a esaminare il paese!» Quelli giunsero nella regione
montuosa di Efraim, alla casa di Mica e pernottarono in quel luogo. Quando
furono in prossimità della casa di Mica, riconobbero la voce del giovane
levita; e, avvicinatisi, gli chiesero: «Chi ti ha condotto qua? Che fai in
questo luogo? Perché sei qui?» Egli disse loro quello che Mica aveva fatto
per lui e aggiunse: «Mi stipendia e io gli servo da sacerdote». Quelli gli
dissero: «Consulta Dio, affinché sappiamo se il viaggio che abbiamo
intrapreso avrà successo». Il sacerdote rispose loro: «Andate in pace; il
viaggio che fate è sotto lo sguardo del SIGNORE».
I cinque uomini dunque partirono, giunsero a Lais e videro che il popolo,
che vi abitava, viveva al sicuro, come gli abitanti di Sidone, tranquillo e
fiducioso, poiché nel paese non c'era nessuno in autorità che potesse fare
loro il minimo torto; inoltre erano lontani dai Sidoni e non avevano
relazione con nessuno.
Poi tornarono dai loro fratelli a Sorea e a Estaol; i fratelli chiesero
loro: «Che dite?» Quelli risposero: «Su, saliamo contro quella gente; poiché
abbiamo visto il paese, ed ecco, è eccellente. E voi ve ne state là senza
dir nulla? Non siate pigri a muovervi per andare a prendere possesso del
paese! Quando arriverete là, troverete un popolo che se ne sta sicuro. Il
paese è vasto e Dio ve lo ha messo in mano: è un luogo dove non manca nulla
di ciò che è sulla terra».
Così seicento uomini della famiglia dei Daniti partirono da Sorea e da
Estaol, armati per la guerra. Salirono e si accamparono a Chiriat-Iearim, in
Giuda; perciò quel luogo, che è a ovest di Chiriat-Iearim, fu chiamato e si
chiama anche oggi Macanè-Dan. Di là passarono nella regione montuosa di
Efraim e giunsero alla casa di Mica.
Allora i cinque uomini che erano andati a esplorare il paese di Lais dissero
ai loro fratelli: «Sapete voi che in questa casa c'è un efod, ci sono degli
idoli domestici, un'immagine scolpita, di metallo fuso? Considerate ora
quello che dovete fare». Essi si diressero da quella parte, giunsero alla
casa del giovane levita, alla casa di Mica, e gli chiesero come stava. I
seicento uomini dei figli di Dan, armati per la guerra, si misero davanti
alla porta. Ma i cinque uomini che erano andati a esplorare il paese
salirono, entrarono in casa, presero l'immagine scolpita, l'efod, gl'idoli
domestici e l'immagine di metallo fuso, mentre il sacerdote stava davanti
alla porta con i seicento uomini armati. Quando furono entrati in casa di
Mica ed ebbero preso l'immagine scolpita, l'efod, gli idoli domestici e
l'immagine di metallo fuso, il sacerdote disse loro: «Che fate?» Essi gli
risposero: «Taci, mettiti la mano sulla bocca, vieni con noi e ci farai da
padre e da sacerdote. Che è meglio per te, essere sacerdote in casa di un
uomo solo, oppure essere sacerdote di una tribù e di una famiglia in
Israele?» Il sacerdote si rallegrò nel suo cuore; prese l'efod, gl'idoli
domestici e l'immagine scolpita e si unì a quella gente.
Così si rimisero in cammino, mettendo davanti a loro i bambini, il bestiame
e i bagagli. Quando erano già lontani dalla casa di Mica, la gente che
abitava nelle case vicine a quella di Mica si radunò e inseguì i figli di
Dan. Siccome gridava dietro ai figli di Dan, questi, voltatisi indietro,
dissero a Mica: «Che cos'hai? Perché hai radunato questa gente?» Egli
rispose: «Avete portato via gli dèi che mi ero fatti e il mio sacerdote e ve
ne siete andati. Che cosa mi rimane? Come potete dunque dirmi: "Che hai?"» I
figli di Dan gli dissero: «Non alzare la voce verso di noi, perché alcuni
potrebbero irritarsi e scagliarsi su di voi e tu ci perderesti la vita tua e
quella della tua famiglia!» I figli di Dan continuarono il loro viaggio; e
Mica, vedendo che essi erano più forti di lui, se ne tornò a casa sua.
Occupazione di Lais
(Gs 19:47; De 33:22)(Le 26:1; 1R 12:28-30)
Essi, dopo aver preso le cose che Mica aveva fatte e il sacerdote che aveva
al suo servizio, giunsero a Lais, da un popolo che se ne stava tranquillo e
senza timori; lo passarono a fil di spada e diedero la città alle fiamme.
Non ci fu nessuno che la liberasse, perché era lontana da Sidone e i suoi
abitanti non avevano relazioni con altra gente. Essa era nella valle che si
estende verso Bet-Reob. Poi i Daniti ricostruirono la città, e l'abitarono.
Le posero nome Dan, dal nome di Dan, loro padre, che era stato uno dei figli
d'Israele; ma prima, il nome della città era Lais. Poi i figli di Dan
rizzarono per sé l'immagine scolpita; e Gionatan, figlio di Ghersom, figlio
di Mosè, e i suoi figli furono sacerdoti della tribù dei Daniti fino al
giorno in cui gli abitanti del paese furono deportati. Così collocarono per
sé l'immagine scolpita, che Mica aveva fatta, per tutto il tempo che la casa
di Dio rimase a Silo.
CAPITOLO 19
Violenza fatta alla moglie di un Levita in Ghibea di Beniamino
Ge 19:1, ecc.; Gc 20:4-7
In quel tempo non c'era re in Israele. Un Levita, il quale abitava nella
parte più lontana della regione montuosa di Efraim, si prese per concubina
una donna di Betlemme di Giuda. Questa sua concubina gli fu infedele e lo
lasciò per andarsene a casa di suo padre a Betlemme di Giuda, dove stette
per un periodo di quattro mesi. Suo marito si mosse e andò da lei per
parlare al suo cuore e ricondurla con sé. Egli aveva preso con sé il suo
servo e due asini. Lei lo condusse in casa di suo padre; e come il padre
della giovane lo vide, gli si fece incontro festosamente. Suo suocero, il
padre della giovane, lo trattenne ed egli rimase con lui tre giorni;
mangiarono, bevvero e pernottarono là.
Il quarto giorno si alzarono di buon'ora e il Levita si disponeva a partire;
il padre della giovane disse a suo genero: «Prendi un boccone di pane per
fortificarti il cuore; poi ve ne andrete». Si sedettero ambedue, mangiarono
e bevvero insieme. Poi il padre della giovane disse al marito: «Ti prego,
acconsenti a passare qui la notte e il tuo cuore si rallegri». Ma quell'uomo
si alzò per andarsene; nondimeno, per l'insistenza del suocero, pernottò di
nuovo là.
Il quinto giorno egli si alzò di buon'ora per andarsene; e il padre della
giovane gli disse: «Ti prego, fortificati il cuore e aspettate finché
declini il giorno». Si misero a mangiare insieme. Quando quell'uomo si alzò
per andarsene con la sua concubina e con il suo servo, il suocero, il padre
della giovane, gli disse: «Ecco, il giorno volge ora a sera; ti prego,
trattieniti qui questa notte; vedi, il giorno sta per finire; pernotta qui e
il tuo cuore si rallegri; domani vi metterete di buon'ora in cammino e te ne
andrai a casa». Ma il marito non volle passare là la notte; si alzò, partì,
e giunse di fronte a Iebus, che è Gerusalemme, con i suoi due asini sellati
e con la sua concubina.
Quando furono vicini a Iebus, era quasi notte; il servo disse al suo
padrone: «Vieni, ti prego, dirigiamo il cammino verso questa città dei
Gebusei e passiamoci la notte». Il padrone gli rispose: «No, non dirigeremo
il cammino verso una città di stranieri i cui abitanti non sono figli
d'Israele, ma andremo fino a Ghibea». Disse ancora al suo servo: «Andiamo,
cerchiamo d'arrivare a uno di quei luoghi e pernotteremo a Ghibea o a Rama».
Così passarono oltre e continuarono il viaggio; e il sole tramontò quando
erano presso Ghibea, che appartiene a Beniamino. Volsero il cammino in
quella direzione, per andare a pernottare a Ghibea.
Il Levita andò e si fermò sulla piazza della città; ma nessuno li accolse in
casa per la notte. Quando ecco un vecchio, che tornava la sera dai campi,
dal suo lavoro; era un uomo della regione montuosa d'Efraim, che abitava
come forestiero a Ghibea, in mezzo ai Beniaminiti. Il vecchio alzò gli
occhi, vide quel viandante sulla piazza della città e gli disse: «Dove vai,
e da dove vieni?» Quello gli rispose: «Siamo partiti da Betlemme di Giuda e
andiamo nella parte più remota della zona montuosa d'Efraim. Io sono di là
ed ero andato a Betlemme di Giuda; ora sto andando alla casa del SIGNORE, ma
nessuno mi accoglie in casa sua. Eppure abbiamo paglia e foraggio per i
nostri asini e anche pane e vino per me, per la tua serva e per il giovane
che è con i tuoi servi; a noi non manca nulla». Il vecchio gli disse: «La
pace sia con te! Mi incarico io di ogni tuo bisogno; ma non devi passare la
notte sulla piazza». Così lo condusse in casa sua e diede del foraggio agli
asini; i viandanti si lavarono i piedi, mangiarono e bevvero.
Mentre stavano rallegrandosi, ecco gli uomini della città, gente perversa,
circondarono la casa, picchiarono alla porta e dissero al vecchio, al
padrone di casa: «Fa' uscire quell'uomo che è entrato in casa tua, perché
vogliamo abusare di lui!» Ma il padrone di casa, uscito fuori, disse loro:
«No, fratelli miei, vi prego, non fate una cattiva azione; dal momento che
quest'uomo è venuto in casa mia, non commettete quest'infamia! Ecco qua mia
figlia che è vergine, e la concubina di quell'uomo; io ve le condurrò fuori
e voi abusatene e fatene quel che vi piacerà; ma non commettete contro
quell'uomo una simile infamia!» Ma quegli uomini non vollero dargli ascolto.
Allora l'uomo prese la sua concubina e la condusse fuori da loro; ed essi la
presero, abusarono di lei tutta la notte fino al mattino; poi, allo spuntar
dell'alba, la lasciarono andare.
Quella donna, sul far del giorno, venne a cadere alla porta di casa
dell'uomo presso il quale stava suo marito e rimase lì finché fu giorno
chiaro. Suo marito, la mattina, si alzò, aprì la porta di casa e uscì per
continuare il suo viaggio, quand'ecco la donna, la sua concubina, giaceva
distesa alla porta di casa, con le mani sulla soglia. Egli le disse:
«Àlzati, andiamocene!» Ma non ebbe risposta. Allora il marito la caricò
sull'asino e partì per tornare a casa sua.
Quando giunse a casa, si munì di un coltello, prese la sua concubina e la
divise, membro per membro, in dodici pezzi, che mandò per tutto il
territorio d'Israele. Tutti quelli che videro ciò dissero: «Una cosa simile
non è mai accaduta né si è mai vista, da quando i figli d'Israele salirono
dal paese d'Egitto, fino al giorno d'oggi! Prendete a cuore questo fatto,
consultatevi e parlate».
CAPITOLO 20
Guerra contro la tribù di Beniamino
Gc 19:15-30; Gs 22:11, ecc.; Le 18:20, 24-30
Allora tutti i figli d'Israele uscirono, da Dan fino a Beer-Sceba e al paese
di Galaad, e la comunità si raccolse come un solo uomo davanti al SIGNORE, a
Mispa. I capi di tutto il popolo e tutte le tribù d'Israele si presentarono
all'assemblea del popolo di Dio, in numero di quattrocentomila fanti, capaci
di usare la spada. I figli di Beniamino udirono che i figli d'Israele erano
saliti a Mispa.
I figli d'Israele dissero: «Parlate! Com'è stato commesso questo delitto?»
Allora il Levita, il marito della donna che era stata uccisa, rispose: «Io
ero giunto con la mia concubina a Ghibea di Beniamino per passarvi la notte.
Ma gli abitanti di Ghibea insorsero contro di me e circondarono di notte la
casa dove stavo; avevano l'intenzione di uccidermi; violentarono la mia
concubina e lei morì. Io presi la mia concubina, la feci a pezzi, che mandai
per tutto il territorio della eredità d'Israele, perché costoro hanno
commesso un delitto e una infamia in Israele. Eccovi qui tutti, o figli
d'Israele; dite qui il vostro parere e che cosa consigliate di fare».
Tutto il popolo si alzò come un sol uomo, e disse: «Nessuno di noi tornerà
alla sua tenda, nessuno di noi rientrerà in casa sua. Ecco ora quel che
faremo a Ghibea: l'assaliremo, tireremo a sorte chi deve cominciare.
Prenderemo in tutte le tribù d'Israele dieci uomini su cento, cento su mille
e mille su diecimila, i quali andranno a cercare dei viveri per il popolo,
affinché al loro ritorno, Ghibea di Beniamino sia trattata secondo tutta
l'infamia che ha commessa in Israele». Così tutti gli uomini d'Israele si
radunarono contro quella città, uniti come fossero un solo uomo. Le tribù
d'Israele mandarono degli uomini in tutte le famiglie di Beniamino a dire:
«Che delitto è questo che è stato commesso in mezzo a voi? Consegnateci
dunque quegli uomini, quegli scellerati di Ghibea, perché li mettiamo a
morte e togliamo il male da Israele». Ma i figli di Beniamino non vollero
dare ascolto alla voce dei loro fratelli, i figli d'Israele. I figli di
Beniamino uscirono dalle loro città e si radunarono a Ghibea per andare a
combattere contro i figli d'Israele. Il censimento che in quel giorno si
fece dei figli di Beniamino usciti dalle città fu di ventiseimila uomini
capaci di usare la spada, senza contare gli abitanti di Ghibea, che erano
settecento uomini scelti. Fra tutta questa gente c'erano settecento uomini
scelti, che erano mancini. Tutti costoro potevano lanciare una pietra con la
fionda a un capello, senza fallire il colpo.
Si fece pure il censimento degli uomini d'Israele, non compresi quelli di
Beniamino; ed erano in numero di quattrocentomila uomini capaci di usare la
spada, tutta gente di guerra. I figli d'Israele si mossero, salirono a Betel
e consultarono Dio, dicendo: «Chi di noi salirà per primo a combattere
contro i figli di Beniamino?» Il SIGNORE rispose: «Giuda salirà per primo».
De 13:12-18; Gs 8:1-29
L'indomani mattina, i figli d'Israele si misero in marcia e si accamparono
presso Ghibea. Gli uomini di Israele uscirono per combattere contro
Beniamino e si disposero in ordine di battaglia contro di loro, presso
Ghibea. Allora i figli di Beniamino uscirono da Ghibea e in quel giorno
stesero al suolo, morti, ventiduemila uomini d'Israele.
Il popolo, gli uomini d'Israele, ripresero animo, si disposero di nuovo in
ordine di battaglia, nel luogo dove si erano disposti il primo giorno. I
figli d'Israele salirono e piansero davanti al SIGNORE fino alla sera; e
consultarono il SIGNORE, dicendo: «Devo continuare a combattere contro i
figli di Beniamino, mio fratello?» Il SIGNORE rispose: «Salite contro di
loro». I figli d'Israele attaccarono i figli di Beniamino il giorno
appresso. I Beniaminiti una seconda volta uscirono da Ghibea contro di loro
e stesero al suolo, morti, altri diciottomila uomini dei figli d'Israele,
tutti capaci di usare la spada.
Allora tutti i figli d'Israele e tutto il popolo salirono a Betel, piansero
e rimasero là davanti al SIGNORE e digiunarono quel giorno fino alla sera e
offrirono olocausti e sacrifici di riconoscenza davanti al SIGNORE. I figli
d'Israele consultarono il SIGNORE, - l'arca del patto di Dio, in quel tempo,
era là e Fineas, figlio d'Eleazar, figlio d'Aaronne, ne faceva allora il
servizio, - e dissero: «Devo continuare ancora a combattere contro i figli
di Beniamino mio fratello, o devo cessare?» Il SIGNORE rispose: «Salite,
poiché domani ve li darò nelle mani».
Così Israele tese un'imboscata intorno a Ghibea. I figli d'Israele salirono
per la terza volta contro i figli di Beniamino e si disposero in ordine di
battaglia presso Ghibea come le altre volte. I figli di Beniamino, usciti
per affrontare il popolo, si lasciarono attirare lontano dalla città e
cominciarono a colpire e a uccidere, come le altre volte, alcuni del popolo
d'Israele, per le strade, delle quali una sale a Betel e l'altra a Ghibea
per la campagna; ne uccisero circa trenta. Allora i figli di Beniamino
dissero: «Eccoli sconfitti davanti a noi come la prima volta!» Ma i figli
d'Israele dissero: «Fuggiamo e attiriamoli lontano dalla città sulle strade
maestre!» Tutti gli uomini d'Israele abbandonarono la loro posizione e si
disposero in ordine di battaglia a Baal-Tamar, mentre l'imboscata d'Israele
si slanciò fuori dal luogo dove si trovava, da Maare-Ghibea. Diecimila
uomini scelti in tutto Israele giunsero davanti a Ghibea. Il combattimento
fu aspro e i Beniaminiti non si accorgevano del disastro che stava per
colpirli. Il SIGNORE sconfisse Beniamino davanti a Israele; e i figli
d'Israele uccisero quel giorno venticinquemilacento uomini di Beniamino,
tutti capaci di usare la spada. I figli di Beniamino si accorsero di essere
sconfitti; infatti gli Israeliti avevano ceduto terreno a Beniamino, perché
confidavano nell'imboscata che avevano tesa contro Ghibea. Quelli
dell'imboscata si gettarono prontamente su Ghibea; avanzarono e passarono a
fil di spada l'intera città. C'era un segnale convenuto fra gli uomini
d'Israele e quelli dell'imboscata: questi dovevano far salire dalla città un
segnale di fumo. Gli uomini d'Israele avevano dunque voltato le spalle nel
combattimento; e quelli di Beniamino avevano cominciato a colpire e uccidere
circa trenta uomini d'Israele. Essi dicevano: «Certo, li abbiamo sconfitti
come nella prima battaglia!» Ma quando il segnale, la colonna di fumo,
cominciò ad alzarsi dalla città, quelli di Beniamino si voltarono indietro,
ed ecco che da tutta la città salivano le fiamme verso il cielo. Allora gli
uomini d'Israele si voltarono e quelli di Beniamino furono spaventati,
vedendo il disastro che piombava loro addosso. Essi voltarono le spalle
davanti agli uomini d'Israele, e presero la via del deserto; ma gli
assalitori si misero alle loro calcagna e uccidevano sul posto quelli che
uscivano dalla città. Circondarono i Beniaminiti, li inseguirono, furono
loro addosso dovunque si fermavano, fino di fronte a Ghibea dal lato dove
nasce il sole. Caddero, dei Beniaminiti, diciottomila uomini, tutta gente di
valore. I Beniaminiti voltarono le spalle e fuggirono verso il deserto, in
direzione del masso di Rimmon, e gl'Israeliti ne uccisero per le strade
cinquemila, poi continuarono l'inseguimento fino a Ghideom e ne colpirono
altri duemila. Così, il numero totale dei Beniaminiti che caddero quel
giorno fu di venticinquemila, tutta gente di valore, capace di usare la
spada.
Seicento uomini, che avevano voltato le spalle ed erano fuggiti verso il
deserto in direzione del masso di Rimmon, vi rimasero quattro mesi. Poi
gl'Israeliti tornarono contro i figli di Beniamino, li passarono a fil di
spada, dagli abitanti delle città al bestiame, a tutto quello che si
trovava; e diedero alle fiamme tutte le città che trovarono.
CAPITOLO 21
Ristabilimento della tribù di Beniamino
(Gc 11:30, ecc.; 1S 14:24, ecc.)
Gli uomini d'Israele avevano giurato a Mispa, dicendo: «Nessuno di noi darà
sua figlia in moglie a un Beniaminita». Il popolo venne a Betel, dove rimase
fino alla sera in presenza di Dio; alzando la voce, pianse dirottamente e
disse: «SIGNORE, Dio d'Israele, perché mai è avvenuto questo in Israele?
Perché oggi c'è in Israele una tribù di meno?» Il giorno seguente, il popolo
si alzò di buon mattino, costruì là un altare, e offrì olocausti e sacrifici
di riconoscenza. I figli d'Israele dissero: «Chi è, fra tutte le tribù
d'Israele, che non sia salito all'assemblea davanti al SIGNORE?» Poiché
avevano fatto questo giuramento solenne contro chiunque non fosse salito in
presenza del SIGNORE a Mispa: «Quel tale dovrà essere messo a morte». I
figli d'Israele ebbero pietà di Beniamino, loro fratello, e dissero: «Oggi è
stata soppressa una tribù d'Israele. Come faremo a procurare delle donne ai
superstiti, visto che abbiamo giurato nel nome del SIGNORE di non dar loro
in moglie nessuna delle nostre figlie?» Dissero dunque: «Qual è fra le tribù
d'Israele quella che non è salita in presenza del SIGNORE a Mispa?» Ecco che
nessuno di Iabes in Galaad era venuto all' accampamento, all'assemblea;
poiché, fatto il censimento del popolo, si trovò che là non vi era nessuno
degli abitanti di Iabes in Galaad. Allora la comunità mandò là dodicimila
uomini fra i più valorosi, e diede loro quest'ordine: «Andate, e passate a
fil di spada gli abitanti di Iabes in Galaad, con le donne e i bambini.
Farete questo: voterete allo sterminio ogni maschio e ogni donna che ha
avuto relazioni carnali con un uomo». Quelli trovarono, fra gli abitanti di
Iabes in Galaad, quattrocento fanciulle che non avevano avuto relazioni
carnali con uomini e le condussero all'accampamento, a Silo, che è nel paese
di Canaan. Tutta la comunità inviò dei messaggeri per parlare ai figli di
Beniamino che erano al masso di Rimmon per annunziare loro la pace. Allora i
Beniaminiti tornarono e furono loro date le donne di Iabes in Galaad a cui
era stata risparmiata la vita; ma non ve ne fu abbastanza per tutti.
Il popolo dunque ebbe pietà di Beniamino, perché il SIGNORE aveva aperto una
breccia fra le tribù d'Israele. Gli anziani della comunità dissero: «Come
faremo a procurare delle donne ai superstiti, visto che le donne beniaminite
sono state distrutte?» Poi dissero: «Quelli che sono scampati rimangano in
possesso di ciò che apparteneva a Beniamino, affinché non sia soppressa una
tribù in Israele. Ma noi non possiamo dar loro le nostre figlie in moglie».
Poiché i figli d'Israele avevano giurato, dicendo: «Maledetto chi darà una
moglie a Beniamino!» Allora dissero: «Ecco, ogni anno si fa una festa in
onore del SIGNORE a Silo, che è a nord di Betel, a oriente della strada che
sale da Betel a Sichem e a mezzogiorno di Lebna». Diedero quest'ordine ai
figli di Beniamino: «Andate e fate un'imboscata nelle vigne; state attenti,
e quando le figlie di Silo usciranno per danzare in gruppo, sbucherete dalle
vigne; ciascuno rapirà una delle figlie di Silo per prenderla in moglie e ve
ne andrete nel paese di Beniamino. Quando i loro padri o i loro fratelli
verranno a lamentarsi con noi, noi diremo loro: "Datecele, per favore,
poiché in questa guerra non abbiamo preso una donna per uno. Inoltre non
siete voi che gliele avete date; in quel caso, voi sareste colpevoli"». I
figli di Beniamino fecero a quel modo: si presero delle mogli, secondo il
loro numero, fra le danzatrici; le rapirono, poi partirono e tornarono nella
loro eredità, ricostruirono le città e vi stabilirono la loro dimora. In
quel medesimo tempo, i figli d'Israele se ne andarono di là e tornarono
ciascuno nella sua tribù e nella sua famiglia, ciascuno nel luogo della sua
eredità. In quel tempo, non c'era re in Israele; ognuno faceva quello che
gli pareva meglio.