Tt 1:1-4; Ga 1:1-5
	Paolo, servo di Cristo Gesù, chiamato a essere apostolo, messo a parte per 
	il vangelo di Dio, che egli aveva già promesso per mezzo dei suoi profeti 
	nelle sante Scritture riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide 
	secondo la carne, dichiarato Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di 
	santità mediante la risurrezione dai morti; cioè Gesù Cristo, nostro 
	Signore, per mezzo del quale abbiamo ricevuto grazia e apostolato perché si 
	ottenga l'ubbidienza della fede fra tutti gli stranieri, per il suo nome - 
	fra i quali siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo - a quanti sono in 
	Roma, amati da Dio, chiamati a essere santi, grazia a voi e pace da Dio 
	nostro Padre, e dal Signore Gesù Cristo.
	
	I sentimenti di Paolo verso i cristiani di Roma
	(1Te 1:2-3, 8; 3:7-13) Ro 15:23-32
	Prima di tutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a 
	tutti voi, perché la vostra fede è divulgata in tutto il mondo. Dio, che 
	servo nel mio spirito annunziando il vangelo del Figlio suo, mi è testimone 
	che faccio continuamente menzione di voi chiedendo sempre nelle mie 
	preghiere che in qualche modo finalmente, per volontà di Dio, io riesca a 
	venire da voi. Infatti desidero vivamente vedervi per comunicarvi qualche 
	carisma spirituale affinché siate fortificati; o meglio, perché quando sarò 
	tra di voi ci confortiamo a vicenda mediante la fede che abbiamo in comune, 
	voi e io.
	Non voglio che ignoriate, fratelli, che molte volte mi sono proposto di 
	recarmi da voi (ma finora ne sono stato impedito) per avere qualche frutto 
	anche tra di voi, come fra le altre nazioni. Io sono debitore verso i Greci 
	come verso i barbari, verso i sapienti come verso gli ignoranti; così, per 
	quanto dipende da me, sono pronto ad annunziare il vangelo anche a voi che 
	siete a Roma.
	
	Giustizia attraverso la fede, tema della lettura
	Mr 16:15-16; 1Co 1:18-24; Ro 3:21-25
	Infatti non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza di Dio per la 
	salvezza di chiunque crede; del Giudeo prima e poi del Greco; poiché in esso 
	la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, com'è scritto: «Il giusto per 
	fede vivrà».
	
	I peccati dei pagani
	(Sl 19:2-5; At 14:16-17)(Sl 81:12-13; Is 44:9-20)(Ef 4:17-19; 1P 4:3-5)
	L'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli 
	uomini che soffocano la verità con l'ingiustizia; poiché quel che si può 
	conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Dio manifestato loro; infatti 
	le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono 
	chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite per mezzo delle 
	opere sue; perciò essi sono inescusabili, perché, pur avendo conosciuto Dio, 
	non l'hanno glorificato come Dio, né l'hanno ringraziato; ma si son dati a 
	vani ragionamenti e il loro cuore privo d'intelligenza si è ottenebrato. 
	Benché si dichiarino sapienti, son diventati stolti, e hanno mutato la 
	gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell'uomo 
	corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.
	Per questo Dio li ha abbandonati all'impurità, secondo i desideri dei loro 
	cuori, in modo da disonorare fra di loro i loro corpi; essi, che hanno 
	mutato la verità di Dio in menzogna e hanno adorato e servito la creatura 
	invece del Creatore, che è benedetto in eterno. Amen.
	Perciò Dio li ha abbandonati a passioni infami: infatti le loro donne hanno 
	cambiato l'uso naturale in quello che è contro natura; similmente anche gli 
	uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono infiammati 
	nella loro libidine gli uni per gli altri commettendo uomini con uomini atti 
	infami, ricevendo in loro stessi la meritata ricompensa del proprio 
	traviamento.
	Siccome non si sono curati di conoscere Dio, Dio li ha abbandonati in balìa 
	della loro mente perversa sì che facessero ciò che è sconveniente; ricolmi 
	di ogni ingiustizia, malvagità, cupidigia, malizia; pieni d'invidia, di 
	omicidio, di contesa, di frode, di malignità; calunniatori, maldicenti, 
	abominevoli a Dio, insolenti, superbi, vanagloriosi, ingegnosi nel male, 
	ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza affetti naturali, spietati. 
	Essi, pur conoscendo che secondo i decreti di Dio quelli che fanno tali cose 
	sono degni di morte, non soltanto le fanno, ma anche approvano chi le 
	commette. 
	CAPITOLO 2
Il giusto giudizio di Dio
	(Mt 7:1-5; Ro 14:10-12) Ga 6:7-8 (Gm 1:22-25; Lu 12:47-48; At 10:34-35) Ec 
	12:15-16
	Perciò, o uomo, chiunque tu sia che giudichi, sei inescusabile; perché nel 
	giudicare gli altri condanni te stesso; infatti tu che giudichi, fai le 
	stesse cose. Ora noi sappiamo che il giudizio di Dio su quelli che fanno 
	tali cose è conforme a verità. Pensi tu, o uomo, che giudichi quelli che 
	fanno tali cose e le fai tu stesso, di scampare al giudizio di Dio? Oppure 
	disprezzi le ricchezze della sua bontà, della sua pazienza e della sua 
	costanza, non riconoscendo che la bontà di Dio ti spinge al ravvedimento? 
	Tu, invece, con la tua ostinazione e con l'impenitenza del tuo cuore, ti 
	accumuli un tesoro d'ira per il giorno dell'ira e della rivelazione del 
	giusto giudizio di Dio. Egli renderà a ciascuno secondo le sue opere: vita 
	eterna a quelli che con perseveranza nel fare il bene cercano gloria, onore 
	e immortalità; ma ira e indignazione a quelli che, per spirito di contesa, 
	invece di ubbidire alla verità ubbidiscono all'ingiustizia. Tribolazione e 
	angoscia sopra ogni uomo che fa il male; sul Giudeo prima e poi sul Greco; 
	ma gloria, onore e pace a chiunque opera bene; al Giudeo prima e poi al 
	Greco; perché davanti a Dio non c'e favoritismo.
	Infatti, tutti coloro che hanno peccato senza legge periranno pure senza 
	legge; e tutti coloro che hanno peccato avendo la legge saranno giudicati in 
	base a quella legge; perché non quelli che ascoltano la legge sono giusti 
	davanti a Dio, ma quelli che l'osservano saranno giustificati. Infatti 
	quando degli stranieri, che non hanno legge, adempiono per natura le cose 
	richieste dalla legge, essi, che non hanno legge, sono legge a sé stessi; 
	essi dimostrano che quanto la legge comanda è scritto nei loro cuori, perché 
	la loro coscienza ne rende testimonianza e i loro pensieri si accusano o 
	anche si scusano a vicenda. Tutto ciò si vedrà nel giorno in cui Dio 
	giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo, secondo il mio 
	vangelo.
	
	Responsabilità dei Giudei davanti a Dio
	Gr 8:8-9; Gm 4:16-17; Ro 14:13
	Ora, se tu ti chiami Giudeo, ti riposi sulla legge, ti vanti in Dio, conosci 
	la sua volontà, e sai distinguere ciò che è meglio, essendo istruito dalla 
	legge, e ti persuadi di essere guida dei ciechi, luce di quelli che sono 
	nelle tenebre, educatore degli insensati, maestro dei fanciulli, perché hai 
	nella legge la formula della conoscenza e della verità; come mai dunque, tu 
	che insegni agli altri non insegni a te stesso? Tu che predichi: «Non 
	rubare!» rubi? Tu che dici: «Non commettere adulterio!» commetti adulterio? 
	Tu che detesti gli idoli, ne spogli i templi? Tu che ti vanti della legge, 
	disonori Dio trasgredendo la legge? Infatti, com'è scritto: «Il nome di Dio 
	è bestemmiato per causa vostra fra gli stranieri».
	
	(Gr 4:4; Gv 1:47-49; Ro 4:11-12)(1Co 7:19; Ga 5:6)
	La circoncisione è utile se tu osservi la legge; ma se tu sei trasgressore 
	della legge, la tua circoncisione diventa incirconcisione. Se l'incirconciso 
	osserva le prescrizioni della legge, la sua incirconcisione non sarà 
	considerata come circoncisione? Così colui che è per natura incirconciso, se 
	adempie la legge, giudicherà te, che con la lettera e la circoncisione sei 
	un trasgressore della legge. Giudeo infatti non è colui che è tale 
	all'esterno; e la circoncisione non è quella esterna, nella carne; ma Giudeo 
	è colui che lo è interiormente; e la circoncisione è quella del cuore, nello 
	spirito, non nella lettera; di un tale Giudeo la lode proviene non dagli 
	uomini, ma da Dio. 
	
	Ro 9:4-21; Mt 3:8-10
	Qual è dunque il vantaggio del Giudeo? Qual è l'utilità della circoncisione? 
	Grande in ogni senso. Prima di tutto, perché a loro furono affidate le 
	rivelazioni di Dio. Che vuol dire infatti se alcuni sono stati increduli? La 
	loro incredulità annullerà la fedeltà di Dio? No di certo! Anzi, sia Dio 
	riconosciuto veritiero e ogni uomo bugiardo, com'è scritto:
	«Affinché tu sia riconosciuto giusto nelle tue parole
	e trionfi quando sei giudicato».
	Ma se la nostra ingiustizia fa risaltare la giustizia di Dio, che diremo? 
	Che Dio è ingiusto quando dà corso alla sua ira? (Parlo alla maniera degli 
	uomini.) No di certo! Perché, altrimenti, come potrà Dio giudicare il mondo?
	Ma se per la mia menzogna la verità di Dio sovrabbonda a sua gloria, perché 
	sono ancora giudicato come peccatore? Perché non «facciamo il male affinché 
	ne venga il bene», come da taluni siamo calunniosamente accusati di dire? La 
	condanna di costoro è giusta.
	
	Universalità del peccato
	(Ec 7:20; Gb 15:14-16; Ge 6:5, 11-12; Sl 14:1-3) Ga 3:22
	Che dire dunque? Noi siamo forse superiori? No affatto! Perché abbiamo già 
	dimostrato che tutti, Giudei e Greci, sono sottomessi al peccato, com'è 
	scritto:
	«Non c'è nessun giusto,
	neppure uno.
	Non c'è nessuno che capisca,
	non c'è nessuno che cerchi Dio.
	Tutti si sono sviati, tutti quanti si sono corrotti.
	Non c'è nessuno che pratichi la bontà,
	no, neppure uno».
	«La loro gola è un sepolcro aperto;
	con le loro lingue hanno tramato frode».
	«Sotto le loro labbra c'è un veleno di serpenti».
	«La loro bocca è piena di maledizione e di amarezza».
	«I loro piedi sono veloci a spargere il sangue.
	Rovina e calamità sono sul loro cammino
	e non conoscono la via della pace».
	«Non c'è timor di Dio davanti ai loro occhi».
	Or noi sappiamo che tutto quel che la legge dice, lo dice a quelli che sono 
	sotto la legge, affinché sia chiusa ogni bocca e tutto il mondo sia 
	riconosciuto colpevole di fronte a Dio; perché mediante le opere della legge 
	nessuno sarà giustificato davanti a lui; infatti la legge dà soltanto la 
	conoscenza del peccato.
	
	La giustificazione attraverso la fede in Cristo
	Is 53:11; At 10:43; 2Co 5:21; Ga 2:15-16; 3:8-14, 22-29; Ef 2:7-9
	Ora però, indipendentemente dalla legge, è stata manifestata la giustizia di 
	Dio, della quale danno testimonianza la legge e i profeti: vale a dire la 
	giustizia di Dio mediante la fede in Gesù Cristo, per tutti coloro che 
	credono - infatti non c'è distinzione: tutti hanno peccato e sono privi 
	della gloria di Dio - ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, 
	mediante la redenzione che è in Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito come 
	sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare la 
	sua giustizia, avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in passato, 
	al tempo della sua divina pazienza; e per dimostrare la sua giustizia nel 
	tempo presente affinché egli sia giusto e giustifichi colui che ha fede in 
	Gesù.
	Dov'è dunque il vanto? Esso è escluso. Per quale legge? Delle opere? No, ma 
	per la legge della fede; poiché riteniamo che l'uomo è giustificato mediante 
	la fede senza le opere della legge. Dio è forse soltanto il Dio dei Giudei? 
	Non è egli anche il Dio degli altri popoli? Certo, è anche il Dio degli 
	altri popoli, poiché c'è un solo Dio, il quale giustificherà il circonciso 
	per fede, e l'incirconciso ugualmente per mezzo della fede.
	Annulliamo dunque la legge mediante la fede? No di certo! Anzi, confermiamo 
	la legge. 
	CAPITOLO 4
La giustificazione attraverso la fede: esempio di Abraamo e di Davide
	(Ge 15:5-6; 17, 9, ecc.) Ga 3:6-9, 29; Sl 32
	Che diremo dunque che il nostro antenato Abraamo abbia ottenuto secondo la 
	carne? Poiché se Abraamo fosse stato giustificato per le opere, egli avrebbe 
	di che vantarsi; ma non davanti a Dio; infatti, che dice la Scrittura? «Abraamo 
	credette a Dio e ciò gli fu messo in conto come giustizia». Ora a chi opera, 
	il salario non è messo in conto come grazia, ma come debito; mentre a chi 
	non opera ma crede in colui che giustifica l'empio, la sua fede è messa in 
	conto come giustizia.
	Così pure Davide proclama la beatitudine dell'uomo al quale Dio mette in 
	conto la giustizia senza opere, dicendo:
	«Beati quelli le cui iniquità sono perdonate
	e i cui peccati sono coperti.
	Beato l'uomo al quale il Signore non addebita affatto il peccato».
	Questa beatitudine è soltanto per i circoncisi o anche per gl'incirconcisi? 
	Infatti diciamo che la fede fu messa in conto ad Abraamo come giustizia. In 
	quale circostanza dunque gli fu messa in conto? Quando era circonciso, o 
	quando era incirconciso? Non quando era circonciso, ma quando era 
	incirconciso; poi ricevette il segno della circoncisione, quale sigillo 
	della giustizia ottenuta per la fede che aveva quando era incirconciso, 
	affinché fosse padre di tutti gl'incirconcisi che credono, in modo che anche 
	a loro fosse messa in conto la giustizia; e fosse padre anche dei 
	circoncisi, di quelli che non solo sono circoncisi ma seguono anche le orme 
	della fede del nostro padre Abraamo quand'era ancora incirconciso.
	
	Ga 3:8-18, 26-29; Eb 11:8-19
	Infatti la promessa di essere erede del mondo non fu fatta ad Abraamo o alla 
	sua discendenza in base alla legge, ma in base alla giustizia che viene 
	dalla fede. Perché, se diventano eredi quelli che si fondano sulla legge, la 
	fede è resa vana e la promessa è annullata; poiché la legge produce ira; ma 
	dove non c'è legge, non c'è neppure trasgressione. Perciò l'eredità è per 
	fede, affinché sia per grazia; in modo che la promessa sia sicura per tutta 
	la discendenza; non soltanto per quella che è sotto la legge, ma anche per 
	quella che discende dalla fede d'Abraamo. Egli è padre di noi tutti (com'è 
	scritto: «Io ti ho costituito padre di molte nazioni») davanti a colui nel 
	quale credette, Dio, che fa rivivere i morti, e chiama all'esistenza le cose 
	che non sono. Egli, sperando contro speranza, credette, per diventare padre 
	di molte nazioni, secondo quello che gli era stato detto: «Così sarà la tua 
	discendenza». Senza venir meno nella fede, egli vide che il suo corpo era 
	svigorito (aveva quasi cent'anni) e che Sara non era più in grado di essere 
	madre; davanti alla promessa di Dio non vacillò per incredulità, ma fu 
	fortificato nella sua fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che 
	quanto egli ha promesso, è anche in grado di compierlo. Perciò gli fu messo 
	in conto come giustizia.
	Or non per lui soltanto sta scritto che questo gli fu messo in conto come 
	giustizia, ma anche per noi, ai quali sarà pure messo in conto; per noi che 
	crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù, nostro Signore, il 
	quale è stato dato a causa delle nostre offese ed è stato risuscitato per la 
	nostra giustificazione. 
	CAPITOLO 5
Gli effetti della giustificazione ottenuta per fede
	1P 1:3-9 (1Gv 4:9-10; Ro 8:22)
	Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, 
	nostro Signore, mediante il quale abbiamo anche avuto, per la fede, 
	l'accesso a questa grazia nella quale stiamo; e ci gloriamo nella speranza 
	della gloria di Dio; non solo, ma ci gloriamo anche nelle afflizioni, 
	sapendo che l'afflizione produce pazienza, la pazienza esperienza, e 
	l'esperienza speranza. Or la speranza non delude, perché l'amore di Dio è 
	stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato.
	Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto 
	per gli empi. Difficilmente uno morirebbe per un giusto; ma forse per una 
	persona buona qualcuno avrebbe il coraggio di morire; Dio invece mostra la 
	grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora 
	peccatori, Cristo è morto per noi. Tanto più dunque, essendo ora 
	giustificati per il suo sangue, saremo per mezzo di lui salvati dall'ira. Se 
	infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la 
	morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati 
	mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo anche in Dio per mezzo del 
	nostro Signore Gesù Cristo, mediante il quale abbiamo ora ottenuto la 
	riconciliazione.
	
	Il peccato e la grazia
	1Co 15:21-22, 45-49, 56-57; Ro 6:23
	Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per 
	mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata su tutti gli uomini, 
	perché tutti hanno peccato... Poiché, fino alla legge, il peccato era nel 
	mondo, ma il peccato non è imputato quando non c'è legge. Eppure, la morte 
	regnò, da Adamo fino a Mosè, anche su quelli che non avevano peccato con una 
	trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di colui che 
	doveva venire. Però, la grazia non è come la trasgressione. Perché se per la 
	trasgressione di uno solo, molti sono morti, a maggior ragione la grazia di 
	Dio e il dono della grazia proveniente da un solo uomo, Gesù Cristo, sono 
	stati riversati abbondantemente su molti. Riguardo al dono non avviene 
	quello che è avvenuto nel caso dell'uno che ha peccato; perché dopo una sola 
	trasgressione il giudizio è diventato condanna, mentre il dono diventa 
	giustificazione dopo molte trasgressioni. Infatti, se per la trasgressione 
	di uno solo la morte ha regnato a causa di quell'uno, tanto più quelli che 
	ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia, regneranno 
	nella vita per mezzo di quell'uno che è Gesù Cristo. Dunque, come con una 
	sola trasgressione la condanna si è estesa a tutti gli uomini, così pure, 
	con un solo atto di giustizia, la giustificazione che dà la vita si è estesa 
	a tutti gli uomini. Infatti, come per la disubbidienza di un solo uomo i 
	molti sono stati resi peccatori, così anche per l'ubbidienza di uno solo, i 
	molti saranno costituiti giusti. La legge poi è intervenuta a moltiplicare 
	la trasgressione; ma dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata, 
	affinché, come il peccato regnò mediante la morte, così pure la grazia regni 
	mediante la giustizia a vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo, nostro 
	Signore. 
	CAPITOLO 6
Morire con Cristo per rinascere in Cristo
	Cl 2:11-13; 3:1-10; Ga 2:19-20; 1P 4:1-2
	Che diremo dunque? Rimarremo forse nel peccato affinché la grazia abbondi? 
	No di certo! Noi che siamo morti al peccato, come vivremmo ancora in esso?
	O ignorate forse che tutti noi, che siamo stati battezzati in Cristo Gesù, 
	siamo stati battezzati nella sua morte? Siamo dunque stati sepolti con lui 
	mediante il battesimo nella sua morte, affinché, come Cristo è stato 
	risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi 
	camminassimo in novità di vita. Perché se siamo stati totalmente uniti a lui 
	in una morte simile alla sua, lo saremo anche in una risurrezione simile 
	alla sua. Sappiamo infatti che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con 
	lui affinché il corpo del peccato fosse annullato e noi non serviamo più al 
	peccato; infatti colui che è morto, è libero dal peccato. Ora, se siamo 
	morti con Cristo, crediamo pure che vivremo con lui, sapendo che Cristo, 
	risuscitato dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. 
	Poiché il suo morire fu un morire al peccato, una volta per sempre; ma il 
	suo vivere è un vivere a Dio. Così anche voi fate conto di essere morti al 
	peccato, ma viventi a Dio, in Cristo Gesù.
	Non regni dunque il peccato nel vostro corpo mortale per ubbidire alle sue 
	concupiscenze; e non prestate le vostre membra al peccato, come strumenti 
	d'iniquità; ma presentate voi stessi a Dio, come di morti fatti viventi, e 
	le vostre membra come strumenti di giustizia a Dio;
	infatti il peccato non avrà più potere su di voi; perché non siete sotto la 
	legge ma sotto la grazia.
	
	(Gv 8:31-36; Ro 7:4-6) Tt 2:11-14
	Che faremo dunque? Peccheremo forse perché non siamo sotto la legge ma sotto 
	la grazia? No di certo!
	Non sapete voi che se vi offrite a qualcuno come schiavi per ubbidirgli, 
	siete schiavi di colui a cui ubbidite: o del peccato che conduce alla morte 
	o dell'ubbidienza che conduce alla giustizia? Ma sia ringraziato Dio perché 
	eravate schiavi del peccato ma avete ubbidito di cuore a quella forma 
	d'insegnamento che vi è stata trasmessa; e, liberati dal peccato, siete 
	diventati servi della giustizia. Parlo alla maniera degli uomini, a causa 
	della debolezza della vostra carne; poiché, come già prestaste le vostre 
	membra a servizio dell'impurità e dell'iniquità per commettere l'iniquità, 
	così prestate ora le vostre membra a servizio della giustizia per la 
	santificazione. Perché quando eravate schiavi del peccato, eravate liberi 
	riguardo alla giustizia. Quale frutto dunque avevate allora? Di queste cose 
	ora vi vergognate, poiché la loro fine è la morte. Ma ora, liberati dal 
	peccato e fatti servi di Dio, avete per frutto la vostra santificazione e 
	per fine la vita eterna; perché il salario del peccato è la morte, ma il 
	dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore. 
	CAPITOLO 7
L'affrancamento del cristiano dalla legge
	Ef 5:25-31 (Ga 2:19-20; Ro 6:14, ecc.)
	O ignorate forse, fratelli (poiché parlo a persone che hanno conoscenza 
	della legge), che la legge ha potere sull'uomo per tutto il tempo ch'egli 
	vive? Infatti la donna sposata è legata per legge al marito mentre egli 
	vive; ma se il marito muore, è sciolta dalla legge che la lega al marito. 
	Perciò se lei diventa moglie di un altro uomo mentre il marito vive, sarà 
	chiamata adultera; ma se il marito muore, ella è libera da quella legge; per 
	cui non è adultera se diventa moglie di un altro uomo. Così, fratelli miei, 
	anche voi siete stati messi a morte quanto alla legge mediante il corpo di 
	Cristo, per appartenere a un altro, cioè a colui che è risuscitato dai 
	morti, affinché portiamo frutto a Dio. Infatti, mentre eravamo nella carne, 
	le passioni peccaminose, risvegliate dalla legge, agivano nelle nostre 
	membra allo scopo di portare frutto alla morte; ma ora siamo stati sciolti 
	dai legami della legge, essendo morti a quella che ci teneva soggetti, per 
	servire nel nuovo regime dello Spirito e non in quello vecchio della 
	lettera.
	
	Il ruolo della legge
	Ro 5:20; 3:19-20; 4:15; Ga 3:21-22
	Che cosa diremo dunque? La legge è peccato? No di certo! Anzi, io non avrei 
	conosciuto il peccato se non per mezzo della legge; poiché non avrei 
	conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: «Non concupire». 
	Ma il peccato, còlta l'occasione, per mezzo del comandamento, produsse in me 
	ogni concupiscenza; perché senza la legge il peccato è morto. Un tempo io 
	vivevo senza legge; ma, venuto il comandamento, il peccato prese vita e io 
	morii; e il comandamento che avrebbe dovuto darmi vita, risultò che mi 
	condannava a morte. Perché il peccato, còlta l'occasione per mezzo del 
	comandamento, mi trasse in inganno e, per mezzo di esso, mi uccise. Così la 
	legge è santa, e il comandamento è santo, giusto e buono. Ciò che è buono, 
	diventò dunque per me morte? No di certo! È invece il peccato che mi è 
	diventato morte, perché si rivelasse come peccato, causandomi la morte 
	mediante ciò che è buono; affinché, per mezzo del comandamento, il peccato 
	diventasse estremamente peccante.
	
	La legge del peccato
	Ga 5:16-25; Ro 8:1-4
	Sappiamo infatti che la legge è spirituale; ma io sono carnale, venduto 
	schiavo al peccato. Poiché, ciò che faccio, io non lo capisco: infatti non 
	faccio quello che voglio, ma faccio quello che odio. Ora, se faccio quello 
	che non voglio, ammetto che la legge è buona; allora non sono più io che lo 
	faccio, ma è il peccato che abita in me. Difatti, io so che in me, cioè 
	nella mia carne, non abita alcun bene; poiché in me si trova il volere, ma 
	il modo di compiere il bene, no. Infatti il bene che voglio, non lo faccio; 
	ma il male che non voglio, quello faccio. Ora, se io faccio ciò che non 
	voglio, non sono più io che lo compio, ma è il peccato che abita in me. Mi 
	trovo dunque sotto questa legge: quando voglio fare il bene, il male si 
	trova in me. Infatti io mi compiaccio della legge di Dio, secondo l'uomo 
	interiore, ma vedo un'altra legge nelle mie membra, che combatte contro la 
	legge della mia mente e mi rende prigioniero della legge del peccato che è 
	nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? 
	Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. Così 
	dunque, io con la mente servo la legge di Dio, ma con la carne la legge del 
	peccato. 
	CAPITOLO 8
La liberazione per opera dello Spirito Santo
	(Ga 3:13-14; Ro 6:22-23) Ga 5:16-25; 6:8
	Non c'è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù, 
	perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla 
	legge del peccato e della morte. Infatti, ciò che era impossibile alla 
	legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha fatto; mandando il 
	proprio Figlio in carne simile a carne di peccato e, a motivo del peccato, 
	ha condannato il peccato nella carne, affinché il comandamento della legge 
	fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo 
	Spirito. Infatti quelli che sono secondo la carne, pensano alle cose della 
	carne; invece quelli che sono secondo lo Spirito, pensano alle cose dello 
	Spirito. Ma ciò che brama la carne è morte, mentre ciò che brama lo Spirito 
	è vita e pace; infatti ciò che brama la carne è inimicizia contro Dio, 
	perché non è sottomesso alla legge di Dio e neppure può esserlo; e quelli 
	che sono nella carne non possono piacere a Dio.
	Voi però non siete nella carne ma nello Spirito, se lo Spirito di Dio abita 
	veramente in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, egli non 
	appartiene a lui. Ma se Cristo è in voi, nonostante il corpo sia morto a 
	causa del peccato, lo Spirito dà vita a causa della giustificazione. Se lo 
	Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che 
	ha risuscitato Cristo Gesù dai morti vivificherà anche i vostri corpi 
	mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
	
	Cl 3:1-6; Ga 4:4-7
	Così dunque, fratelli, non siamo debitori alla carne per vivere secondo la 
	carne; perché se vivete secondo la carne voi morrete; ma se mediante lo 
	Spirito fate morire le opere del corpo, voi vivrete; infatti tutti quelli 
	che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio. E voi non avete 
	ricevuto uno spirito di servitù per ricadere nella paura, ma avete ricevuto 
	lo Spirito di adozione, mediante il quale gridiamo: «Abbà! Padre!» Lo 
	Spirito stesso attesta insieme con il nostro spirito che siamo figli di Dio. 
	Se siamo figli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo, se 
	veramente soffriamo con lui, per essere anche glorificati con lui.
	
	La speranza gloriosa dei figli di Dio
	1Gv 3:1-3; 2Co 4:16-18; 5:1-5; 2P 3:13 (Gd 20-21)
	Infatti io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano 
	paragonabili alla gloria che dev'essere manifestata a nostro riguardo. 
	Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di 
	Dio; perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria 
	volontà, ma a motivo di colui che ve l'ha sottoposta, nella speranza che 
	anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per 
	entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio. Sappiamo infatti che fino a 
	ora tutta la creazione geme ed è in travaglio; non solo essa, ma anche noi, 
	che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando 
	l'adozione, la redenzione del nostro corpo. Poiché siamo stati salvati in 
	speranza. Or la speranza di ciò che si vede, non è speranza; difatti, quello 
	che uno vede, perché lo spererebbe ancora? Ma se speriamo ciò che non 
	vediamo, l'aspettiamo con pazienza.
	Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, 
	perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per 
	noi con sospiri ineffabili; e colui che esamina i cuori sa quale sia il 
	desiderio dello Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere 
	di Dio.
	
	Il risultato benefico dell'amore di Dio
	Ef 1:3-12 (Ro 5:1-11; Is 50:8-9; Gv 10:27-30)
	Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i 
	quali sono chiamati secondo il suo disegno. Perché quelli che ha 
	preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi all'immagine del 
	Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli; e quelli 
	che ha predestinati li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati li ha pure 
	giustificati; e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati.
	Che diremo dunque riguardo a queste cose?
	Se Dio è per noi chi sarà contro di noi? Colui che non ha risparmiato il 
	proprio Figlio, ma lo ha dato per noi tutti, non ci donerà forse anche tutte 
	le cose con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li 
	giustifica. Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor più, 
	è risuscitato, è alla destra di Dio e anche intercede per noi. Chi ci 
	separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la 
	persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Com'è scritto:
	«Per amor di te siamo messi a morte tutto il giorno;
	siamo stati considerati come pecore da macello».
	Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che 
	ci ha amati. Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né 
	principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né 
	profondità, né alcun'altra creatura potranno separarci dall'amore di Dio che 
	è in Cristo Gesù, nostro Signore. 
	CAPITOLO 9
I sentimenti di Paolo verso Israele
	Ro 10:1; 11:28-29; 3:1-2; 1:1-4
	Dico la verità in Cristo, non mento - poiché la mia coscienza me lo conferma 
	per mezzo dello Spirito Santo - ho una grande tristezza e una sofferenza 
	continua nel mio cuore; perché io stesso vorrei essere anatema, separato da 
	Cristo, per amore dei miei fratelli, miei parenti secondo la carne, cioè gli 
	Israeliti, ai quali appartengono l'adozione, la gloria, i patti, la 
	legislazione, il servizio sacro e le promesse; ai quali appartengono i padri 
	e dai quali proviene, secondo la carne, il Cristo, che è sopra tutte le cose 
	Dio benedetto in eterno. Amen!
	
	(Ge 21:1-12; Ga 4:2-31)(Ge 25:21-26; Eb 11:8-9)
	Però non è che la parola di Dio sia caduta a terra; infatti non tutti i 
	discendenti d'Israele sono Israele; né per il fatto di essere stirpe 
	d'Abraamo, sono tutti figli d'Abraamo; anzi: «È in Isacco che ti sarà 
	riconosciuta una discendenza». Cioè, non i figli della carne sono figli di 
	Dio; ma i figli della promessa sono considerati come discendenza. Infatti, 
	questa è la parola della promessa: «In questo tempo verrò, e Sara avrà un 
	figlio». Ma c'è di più! Anche a Rebecca avvenne la medesima cosa quand'ebbe 
	concepito figli da un solo uomo, da Isacco nostro padre; poiché, prima che i 
	gemelli fossero nati e che avessero fatto del bene o del male (affinché 
	rimanesse fermo il proponimento di Dio, secondo elezione, che dipende non da 
	opere, ma da colui che chiama) le fu detto:
	«Il maggiore servirà il minore»; com'è scritto:
	«Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù».
	
	Sovranità di Dio
	(Es 9:15-16; Is 6:9-13)(Is 45:9; Gr 18:1-6)(Sl 62:12-13; 145:17) Ro 11:22, 
	30-36
	Che diremo dunque? Vi è forse ingiustizia in Dio? No di certo! Poiché egli 
	dice a Mosè: «Io avrò misericordia di chi avrò misericordia e avrò 
	compassione di chi avrò compassione». Non dipende dunque né da chi vuole né 
	da chi corre, ma da Dio che fa misericordia. La Scrittura infatti dice al 
	faraone: «Appunto per questo ti ho suscitato: per mostrare in te la mia 
	potenza e perché il mio nome sia proclamato per tutta la terra». Così dunque 
	egli fa misericordia a chi vuole e indurisce chi vuole.
	Tu allora mi dirai: «Perché rimprovera egli ancora? Poiché chi può resistere 
	alla sua volontà?» Piuttosto, o uomo, chi sei tu che replichi a Dio? La cosa 
	plasmata dirà forse a colui che la plasmò: «Perché mi hai fatta così?» Il 
	vasaio non è forse padrone dell'argilla per trarre dalla stessa pasta un 
	vaso per uso nobile e un altro per uso ignobile? Che c'è da contestare se 
	Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha 
	sopportato con grande pazienza dei vasi d'ira preparati per la perdizione, e 
	ciò per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso dei vasi di 
	misericordia che aveva già prima preparati per la gloria, cioè verso di noi, 
	che egli ha chiamato non soltanto fra i Giudei ma anche fra gli stranieri? 
	Così egli dice appunto in Osea: «Io chiamerò "mio popolo" quello che non era 
	mio popolo e "amata" quella che non era amata»; e «avverrà che nel luogo 
	dov'era stato detto: "Voi non siete mio popolo", là saranno chiamati "figli 
	del Dio vivente"». Isaia poi esclama riguardo a Israele:
	«Anche se il numero dei figli d'Israele fosse come la sabbia del mare,
	solo il resto sarà salvato;
	perché il Signore eseguirà la sua parola sulla terra in modo rapido e 
	definitivo».
	Come Isaia aveva detto prima:
	«Se il Signore degli eserciti
	non ci avesse lasciato una discendenza,
	saremmo diventati come Sodoma
	e saremmo stati simili a Gomorra».
	
	Israele e la giustizia che si ottiene per fede
	Ro 10:3, 16-21; 1P 2:6-10
	Che diremo dunque? Diremo che degli stranieri, i quali non ricercavano la 
	giustizia, hanno conseguito la giustizia, però la giustizia che deriva dalla 
	fede; mentre Israele, che ricercava una legge di giustizia, non ha raggiunto 
	questa legge. Perché? Perché l'ha ricercata non per fede ma per opere. Essi 
	hanno urtato nella pietra d'inciampo, come è scritto:
	«Ecco, io metto in Sion un sasso d'inciampo
	e una pietra di scandalo;
	ma chi crede in lui non sarà deluso». 
	Ro 9:1-5, 31-33; 3:19-29; Ga 3:8-14, 21-29
	
	Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera a Dio per loro è che 
	siano salvati. Io rendo loro testimonianza infatti che hanno zelo per Dio, 
	ma zelo senza conoscenza. Perché, ignorando la giustizia di Dio e cercando 
	di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio; 
	poiché Cristo è il termine della legge, per la giustificazione di tutti 
	coloro che credono.
	Infatti Mosè descrive così la giustizia che viene dalla legge: «L'uomo che 
	farà quelle cose, vivrà per esse». Invece la giustizia che viene dalla fede 
	dice così: «Non dire in cuor tuo: "Chi salirà in cielo?" (questo è farne 
	scendere Cristo) né: "Chi scenderà nell'abisso?"» (questo è far risalire 
	Cristo dai morti). Che cosa dice invece? «La parola è vicino a te, nella tua 
	bocca e nel tuo cuore»: questa è la parola della fede che noi annunziamo; 
	perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto 
	con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti con 
	il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione 
	per essere salvati. Difatti la Scrittura dice:
	«Chiunque crede in lui, non sarà deluso».
	Poiché non c'è distinzione tra Giudeo e Greco, essendo egli lo stesso 
	Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti chiunque 
	avrà invocato il nome del Signore sarà salvato.
	Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno 
	in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne 
	parlare, se non c'è chi lo annunzi? E come annunzieranno se non sono 
	mandati? Com'è scritto:
	«Quanto sono belli
	i piedi di quelli che annunziano buone notizie!»
	Ma non tutti hanno ubbidito alla buona notizia; Isaia infatti dice:
	«Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione?»
	Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla 
	parola di Cristo.
	Ma io dico: forse non hanno udito? Anzi,
	«la loro voce è andata per tutta la terra
	e le loro parole fino agli estremi confini del mondo».
	Allora dico: forse Israele non ha compreso? Mosè per primo dice: «Io vi 
	renderò gelosi di una nazione che non è nazione; contro una nazione senza 
	intelligenza provocherò il vostro sdegno».
	Isaia poi osa affermare:
	«Sono stato trovato da quelli che non mi cercavano;
	mi sono manifestato a quelli che non chiedevano di me».
	Ma riguardo a Israele afferma:
	«Tutto il giorno ho teso le mani verso un popolo disubbidiente e 
	contestatore». 
	CAPITOLO 11
Dio non ha rinnegato il suo popolo
	1S 12:2-25; 1R 19:9-18; Is 6:9-13
	Dico dunque: Dio ha forse ripudiato il suo popolo? No di certo! Perché 
	anch'io sono Israelita, della discendenza d'Abraamo, della tribù di 
	Beniamino. Dio non ha ripudiato il suo popolo, che ha riconosciuto già da 
	prima. Non sapete ciò che la Scrittura dice a proposito di Elia? Come si 
	rivolse a Dio contro Israele, dicendo: «Signore, hanno ucciso i tuoi 
	profeti, hanno demolito i tuoi altari, io sono rimasto solo e vogliono la 
	mia vita»? Ma che cosa gli rispose la voce divina? «Mi sono riservato 
	settemila uomini che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal». Così 
	anche al presente, c'è un residuo eletto per grazia. Ma se è per grazia, non 
	è più per opere; altrimenti, la grazia non è più grazia.
	Che dunque? Quello che Israele cerca, non lo ha ottenuto; mentre lo hanno 
	ottenuto gli eletti; e gli altri sono stati induriti, com'è scritto:
	«Dio ha dato loro uno spirito di torpore,
	occhi per non vedere
	e orecchie per non udire,
	fino a questo giorno».
	E Davide dice:
	«La loro mensa sia per loro una trappola, una rete,
	un inciampo e una retribuzione.
	Siano gli occhi loro oscurati perché non vedano
	e rendi curva la loro schiena per sempre».
	
	Avvertimento rivolto ai credenti stranieri
	(Mt 21:40-43; Ef 2:7-13)(1Co 4:7; 10:11-12) Za 1:17; 8:13
	Ora io dico: sono forse inciampati perché cadessero? No di certo! Ma a causa 
	della loro caduta la salvezza è giunta agli stranieri per provocare la loro 
	gelosia. Ora, se la loro caduta è una ricchezza per il mondo e la loro 
	diminuzione è una ricchezza per gli stranieri, quanto più lo sarà la loro 
	piena partecipazione! Parlo a voi, stranieri; in quanto sono apostolo degli 
	stranieri faccio onore al mio ministero, sperando in qualche maniera di 
	provocare la gelosia di quelli del mio sangue, e di salvarne alcuni. 
	Infatti, se il loro ripudio è stato la riconciliazione del mondo, che sarà 
	la loro riammissione, se non un rivivere dai morti?
	Se la primizia è santa, anche la massa è santa; se la radice è santa, anche 
	i rami sono santi. Se alcuni rami sono stati troncati, mentre tu, che sei 
	olivo selvatico, sei stato innestato al loro posto e sei diventato partecipe 
	della radice e della linfa dell'olivo, non insuperbirti contro i rami; ma, 
	se t'insuperbisci, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice 
	che porta te. Allora tu dirai: «Sono stati troncati i rami perché fossi 
	innestato io». Bene: essi sono stati troncati per la loro incredulità e tu 
	rimani stabile per la fede; non insuperbirti, ma temi. Perché se Dio non ha 
	risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppure te. Considera dunque la 
	bontà e la severità di Dio: la severità verso quelli che sono caduti; ma 
	verso di te la bontà di Dio, purché tu perseveri nella sua bontà; 
	altrimenti, anche tu sarai reciso. Allo stesso modo anche quelli, se non 
	perseverano nella loro incredulità, saranno innestati; perché Dio ha la 
	potenza di innestarli di nuovo. Infatti se tu sei stato tagliato dall'olivo 
	selvatico per natura e sei stato contro natura innestato nell'olivo 
	domestico, quanto più essi, che sono i rami naturali, saranno innestati nel 
	loro proprio olivo.
	
	La salvezza futura d'Israele
	Is 59:19-21; Gr 31:31-40; Ez 36:23, ecc.; Ez 37; Os 3:4-5; Is 54:7-10; cfr. 
	Is 66:8
	Infatti, fratelli, non voglio che ignoriate questo mistero, affinché non 
	siate presuntuosi: un indurimento si è prodotto in una parte d'Israele, 
	finché non sia entrata la totalità degli stranieri; e tutto Israele sarà 
	salvato, così come è scritto:
	«Il liberatore verrà da Sion.
	Egli allontanerà da Giacobbe l'empietà;
	e questo sarà il mio patto con loro,
	quando toglierò via i loro peccati».
	Per quanto concerne il vangelo, essi sono nemici per causa vostra; ma per 
	quanto concerne l'elezione, sono amati a causa dei loro padri; perché i 
	carismi e la vocazione di Dio sono irrevocabili. Come in passato voi siete 
	stati disubbidienti a Dio, e ora avete ottenuto misericordia per la loro 
	disubbidienza, così anch'essi sono stati ora disubbidienti, affinché, per la 
	misericordia a voi usata, ottengano anch'essi misericordia. Dio infatti ha 
	rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti. Oh, 
	profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto 
	inscrutabili sono i suoi giudizi e ininvestigabili le sue vie! Infatti,
	«chi ha conosciuto il pensiero del Signore?
	O chi è stato suo consigliere?
	O chi gli ha dato qualcosa per primo,
	sì da riceverne il contraccambio?»
	Perché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui sia la 
	gloria in eterno. Amen. 
	
	1Co 6:19-20 (1Co 12; Ef 4:1-16; 1P 4:10-11)
	Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i 
	vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro 
	culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati 
	mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per 
	esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta 
	volontà.
	Per la grazia che mi è stata concessa, dico quindi a ciascuno di voi che non 
	abbia di sé un concetto più alto di quello che deve avere, ma abbia di sé un 
	concetto sobrio, secondo la misura di fede che Dio ha assegnata a ciascuno. 
	Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e tutte le membra non 
	hanno una medesima funzione, così noi, che siamo molti, siamo un solo corpo 
	in Cristo, e, individualmente, siamo membra l'uno dell'altro. Avendo 
	pertanto carismi differenti secondo la grazia che ci è stata concessa, se 
	abbiamo carisma di profezia, profetizziamo conformemente alla fede; se di 
	ministero, attendiamo al ministero; se d'insegnamento, all'insegnare; se di 
	esortazione, all'esortare; chi dà, dia con semplicità; chi presiede, lo 
	faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le faccia con gioia.
	
	La vita cristiana
	1P 3:8-12; 4:7-9; 5:5; Eb 13:1-3, 16
	L'amore sia senza ipocrisia. Aborrite il male e attenetevi fermamente al 
	bene. Quanto all'amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli 
	altri. Quanto all'onore, fate a gara nel rendervelo reciprocamente. Quanto 
	allo zelo, non siate pigri; siate ferventi nello spirito, servite il 
	Signore; siate allegri nella speranza, pazienti nella tribolazione, 
	perseveranti nella preghiera, provvedendo alle necessità dei santi, 
	esercitando con premura l'ospitalità.
	Benedite quelli che vi perseguitano. Benedite e non maledite. Rallegratevi 
	con quelli che sono allegri; piangete con quelli che piangono. Abbiate tra 
	di voi un medesimo sentimento. Non aspirate alle cose alte, ma lasciatevi 
	attrarre dalle umili. Non vi stimate saggi da voi stessi.
	
	Mt 5:38-48; Pr 25:21-22
	Non rendete a nessuno male per male. Impegnatevi a fare il bene davanti a 
	tutti gli uomini. Se è possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace 
	con tutti gli uomini. Non fate le vostre vendette, miei cari, ma cedete il 
	posto all'ira di Dio; poiché sta scritto: «A me la vendetta; io darò la 
	retribuzione», dice il Signore. Anzi, «se il tuo nemico ha fame, dagli da 
	mangiare; se ha sete, dagli da bere; poiché, facendo così, tu radunerai dei 
	carboni accesi sul suo capo». Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il 
	male con il bene. 
	CAPITOLO 13
La sottomissione alle autorità
	1P 2:13-17; Pr 24:21-22; Lu 20:20-26
	Ogni persona stia sottomessa alle autorità superiori; perché non vi è 
	autorità se non da Dio; e le autorità che esistono, sono stabilite da Dio. 
	Perciò chi resiste all'autorità si oppone all'ordine di Dio; quelli che vi 
	si oppongono si attireranno addosso una condanna; infatti i magistrati non 
	sono da temere per le opere buone, ma per le cattive. Tu, non vuoi temere 
	l'autorità? Fa' il bene e avrai la sua approvazione, perché il magistrato è 
	un ministro di Dio per il tuo bene; ma se fai il male, temi, perché egli non 
	porta la spada invano; infatti è un ministro di Dio per infliggere una 
	giusta punizione a chi fa il male. Perciò è necessario stare sottomessi, non 
	soltanto per timore della punizione, ma anche per motivo di coscienza.
	È anche per questa ragione che voi pagate le imposte, perché essi, che sono 
	costantemente dediti a questa funzione, sono ministri di Dio. Rendete a 
	ciascuno quel che gli è dovuto: l'imposta a chi è dovuta l'imposta, la tassa 
	a chi la tassa; il timore a chi il timore; l'onore a chi l'onore.
	
	Amore del prossimo
	Mt 22:35-40; Ga 5:14; 1Gv 3:11-23; cfr. Lu 10:29-37
	Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri; 
	perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge. Infatti il «non commettere 
	adulterio», «non uccidere», «non rubare», «non concupire» e qualsiasi altro 
	comandamento si riassumono in questa parola: «Ama il tuo prossimo come te 
	stesso». L'amore non fa nessun male al prossimo; l'amore quindi è 
	l'adempimento della legge.
	
	Vigilanza nella vita cristiana
	1Te 5:4-10; Ef 5:3-18
	E questo dobbiamo fare, consci del momento cruciale: è ora ormai che vi 
	svegliate dal sonno; perché adesso la salvezza ci è più vicina di quando 
	credemmo. La notte è avanzata, il giorno è vicino; gettiamo dunque via le 
	opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci 
	onestamente, come in pieno giorno, senza gozzoviglie e ubriachezze; senza 
	immoralità e dissolutezza; senza contese e gelosie; ma rivestitevi del 
	Signore Gesù Cristo e non abbiate cura della carne per soddisfarne i 
	desideri. 
	CAPITOLO 14
Esortazione alla tolleranza
	Ro 15:1-7; 1Co 4:3-5; 8:7; Cl 2:16
	Accogliete colui che è debole nella fede, ma non per sentenziare sui suoi 
	scrupoli.
	Uno crede di poter mangiare di tutto, mentre l'altro che è debole, mangia 
	legumi. Colui che mangia di tutto non disprezzi colui che non mangia di 
	tutto; e colui che non mangia di tutto non giudichi colui che mangia di 
	tutto, perché Dio lo ha accolto. Chi sei tu che giudichi il domestico 
	altrui? Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda il suo padrone; ma 
	egli sarà tenuto in piedi, perché il Signore è potente da farlo stare in 
	piedi.
	Uno stima un giorno più di un altro; l'altro stima tutti i giorni uguali; 
	sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente.
	Chi ha riguardo al giorno, lo fa per il Signore; e chi mangia di tutto, lo 
	fa per il Signore, poiché ringrazia Dio; e chi non mangia di tutto fa così 
	per il Signore, e ringrazia Dio. Nessuno di noi infatti vive per sé stesso, 
	e nessuno muore per sé stesso; perché, se viviamo, viviamo per il Signore; e 
	se moriamo, moriamo per il Signore. Sia dunque che viviamo o che moriamo, 
	siamo del Signore. Poiché a questo fine Cristo è morto ed è tornato in vita: 
	per essere il Signore sia dei morti sia dei viventi. Ma tu, perché giudichi 
	tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi tuo fratello? Poiché tutti 
	compariremo davanti al tribunale di Dio; infatti sta scritto:
	«Come è vero che vivo», dice il Signore,
	«ogni ginocchio si piegherà davanti a me,
	e ogni lingua darà gloria a Dio».
	Quindi ciascuno di noi renderà conto di sé stesso a Dio.
	
	1Co 8; 10:23-33
	Smettiamo dunque di giudicarci gli uni gli altri; decidetevi piuttosto a non 
	porre inciampo sulla via del fratello, né a essere per lui un'occasione di 
	caduta. Io so e sono persuaso nel Signore Gesù che nulla è impuro in sé 
	stesso; però se uno pensa che una cosa è impura, per lui è impura. Ora, se a 
	motivo di un cibo tuo fratello è turbato, tu non cammini più secondo amore. 
	Non perdere, con il tuo cibo, colui per il quale Cristo è morto! Ciò che è 
	bene per voi non sia dunque oggetto di biasimo; perché il regno di Dio non 
	consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello 
	Spirito Santo. Poiché chi serve Cristo in questo, è gradito a Dio e 
	approvato dagli uomini. Cerchiamo dunque di conseguire le cose che 
	contribuiscono alla pace e alla reciproca edificazione. Non distruggere, per 
	un cibo, l'opera di Dio. Certo, tutte le cose sono pure; ma è male quando 
	uno mangia dando occasione di peccato. È bene non mangiar carne, né bere 
	vino, né far nulla che possa essere occasione di caduta al fratello. Tu, la 
	fede che hai, serbala per te stesso, davanti a Dio. Beato colui che non 
	condanna sé stesso in quello che approva. Ma chi ha dei dubbi riguardo a ciò 
	che mangia è condannato, perché la sua condotta non è dettata dalla fede; e 
	tutto quello che non viene da fede è peccato. 
	
	Ro 14:13-23; Fl 2:1-5
	Or noi, che siamo forti, dobbiamo sopportare le debolezze dei deboli e non 
	compiacere a noi stessi. Ciascuno di noi compiaccia al prossimo, nel bene, a 
	scopo di edificazione. Infatti anche Cristo non compiacque a sé stesso; ma 
	come è scritto:
	«Gli insulti di quelli che ti oltraggiano sono caduti sopra di me».
	Poiché tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra 
	istruzione, affinché mediante la pazienza e la consolazione che ci 
	provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza.
	Il Dio della pazienza e della consolazione vi conceda di aver tra di voi un 
	medesimo sentimento secondo Cristo Gesù, affinché di un solo animo e d'una 
	stessa bocca glorifichiate Dio, il Padre del nostro Signore Gesù Cristo. 
	Perciò accoglietevi gli uni gli altri, come anche Cristo vi ha accolti per 
	la gloria di Dio.
	
	La buona novella è per tutti gli uomini
	At 3:25-26; Ef 2:11-19
	Infatti io dico che Cristo è diventato servitore dei circoncisi a 
	dimostrazione della veracità di Dio per confermare le promesse fatte ai 
	padri; mentre gli stranieri onorano Dio per la sua misericordia, come sta 
	scritto:
	«Per questo ti celebrerò tra le nazioni
	e canterò le lodi al tuo nome».
	E ancora:
	«Rallegratevi, o nazioni, con il suo popolo».
	E altrove:
	«Nazioni, lodate tutte il Signore;
	tutti i popoli lo celebrino».
	Di nuovo Isaia dice:
	«Spunterà una radice di Iesse,
	colui che sorgerà a governare le nazioni;
	in lui spereranno le nazioni».
	Or il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede, 
	affinché abbondiate nella speranza, per la potenza dello Spirito Santo.
	
	Riflessioni di Paolo sul suo apostolato; i viaggi che l'apostolo intende 
	fare
	1Co 15:10; 2Co 12:12; 10:13-18
	Ora, fratelli miei, io pure sono persuaso, a vostro riguardo, che anche voi 
	siete pieni di bontà, ricolmi di ogni conoscenza, capaci anche di ammonirvi 
	a vicenda. Ma vi ho scritto un po' arditamente su alcuni punti, per 
	ricordarveli di nuovo, a motivo della grazia che mi è stata fatta da Dio, di 
	essere un ministro di Cristo Gesù tra gli stranieri, esercitando il sacro 
	servizio del vangelo di Dio, affinché gli stranieri diventino un'offerta 
	gradita, santificata dallo Spirito Santo.
	Ho dunque di che vantarmi in Cristo Gesù, per quel che concerne le cose di 
	Dio. Non oserei infatti parlare di cose che Cristo non avesse operato per 
	mio mezzo allo scopo di condurre i pagani all'ubbidienza, con parole e 
	opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la potenza dello Spirito 
	Santo. Così da Gerusalemme e dintorni fino all'Illiria ho predicato 
	dappertutto il vangelo di Cristo, avendo l'ambizione di predicare il vangelo 
	là dove non era ancora stato portato il nome di Cristo, per non costruire 
	sul fondamento altrui, ma com'è scritto:
	«Coloro ai quali nulla era stato annunziato di lui, lo vedranno;
	e coloro che non ne avevano udito parlare, comprenderanno».
	Per questa ragione appunto sono stato tante volte impedito di venire da voi; 
	ma ora, non avendo più campo d'azione in queste regioni, e avendo già da 
	molti anni un gran desiderio di venire da voi, quando andrò in Spagna, 
	spero, passando, di vedervi e di essere aiutato da voi a raggiungere quella 
	regione, dopo aver goduto almeno un po' della vostra compagnia.
	Per ora vado a Gerusalemme, a rendere un servizio ai santi, perché la 
	Macedonia e l'Acaia si sono compiaciute di fare una colletta per i poveri 
	che sono tra i santi di Gerusalemme. Si sono compiaciute, ma esse sono anche 
	in debito nei loro confronti; infatti se gli stranieri sono stati fatti 
	partecipi dei loro beni spirituali, sono anche in obbligo di aiutarli con i 
	beni materiali. Quando dunque avrò compiuto questo servizio e consegnato il 
	frutto di questa colletta, andrò in Spagna passando da voi; e so che, 
	venendo da voi, verrò con la pienezza delle benedizioni di Cristo.
	Ora, fratelli, vi esorto, per il Signore nostro Gesù Cristo e per l'amore 
	dello Spirito, a combattere con me nelle preghiere che rivolgete a Dio in 
	mio favore, perché io sia liberato dagli increduli di Giudea, e il mio 
	servizio per Gerusalemme sia gradito ai santi, in modo che, se piace a Dio, 
	io possa venire da voi con gioia ed essere confortato insieme con voi. Or il 
	Dio della pace sia con tutti voi. Amen. 
	CAPITOLO 16
Saluti ed esortazione all'amore fraterno
	3Gv 5-8 (At 18:2-3, 18, 26; 1Co 16:19-20)
	Vi raccomando Febe, nostra sorella, che è diaconessa della chiesa di 
	Cencrea, perché la riceviate nel Signore, in modo degno dei santi, e le 
	prestiate assistenza in qualunque cosa ella possa aver bisogno di voi; 
	poiché ella pure ha prestato assistenza a molti e anche a me.
	Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù, i quali hanno 
	rischiato la vita per me; a loro non io soltanto sono grato, ma anche tutte 
	le chiese delle nazioni. Salutate anche la chiesa che si riunisce in casa 
	loro. Salutate il mio caro Epeneto, che è la primizia dell'Asia per Cristo. 
	Salutate Maria, che si è molto affaticata per voi. Salutate Andronico e 
	Giunia, miei parenti e compagni di prigionia, i quali si sono segnalati fra 
	gli apostoli ed erano in Cristo già prima di me. Salutate Ampliato, che mi è 
	caro nel Signore. Salutate Urbano, nostro collaboratore in Cristo, e il mio 
	caro Stachi. Salutate Apelle, che ha dato buona prova in Cristo. Salutate 
	quelli di casa Aristobulo. Salutate Erodione, mio parente. Salutate quelli 
	di casa Narcisso che sono nel Signore. Salutate Trifena e Trifosa, che si 
	affaticano nel Signore. Salutate la cara Perside che si è affaticata molto 
	nel Signore. Salutate Rufo, l'eletto nel Signore e sua madre, che è anche 
	mia. Salutate Asincrito, Flegonte, Erme, Patroba, Erma, e i fratelli che 
	sono con loro. Salutate Filologo e Giulia, Nereo e sua sorella, Olimpa e 
	tutti i santi che sono con loro. Salutatevi gli uni gli altri con un santo 
	bacio.
	Tutte le chiese di Cristo vi salutano.
	
	1Ti 6:3-5; Tt 3:9-11; 2P 2:1-3
	Ora vi esorto, fratelli, a tener d'occhio quelli che provocano le divisioni 
	e gli scandali in contrasto con l'insegnamento che avete ricevuto. 
	Allontanatevi da loro. Costoro, infatti, non servono il nostro Signore Gesù 
	Cristo, ma il proprio ventre; e con dolce e lusinghiero parlare seducono il 
	cuore dei semplici. Quanto a voi, la vostra ubbidienza è nota a tutti. Io mi 
	rallegro dunque per voi, ma desidero che siate saggi nel bene e 
	incontaminati dal male. Il Dio della pace stritolerà presto Satana sotto i 
	vostri piedi. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con voi.
	
	Ef 3:5-11, 20-21; Gd 24-25
	Timoteo, mio collaboratore, vi saluta e vi salutano anche Lucio, Giasone e 
	Sosipatro, miei parenti. Io, Terzio, che ho scritto la lettera, vi saluto 
	nel Signore. Gaio, che ospita me e tutta la chiesa, vi saluta. Erasto, il 
	tesoriere della città e il fratello Quarto vi salutano. ... A colui che può 
	fortificarvi secondo il mio vangelo e il messaggio di Gesù Cristo, 
	conformemente alla rivelazione del mistero che fu tenuto nascosto fin dai 
	tempi più remoti, ma che ora è rivelato e reso noto mediante le Scritture 
	profetiche, per ordine dell'eterno Dio, a tutte le nazioni perché 
	ubbidiscano alla fede, a Dio, unico in saggezza, per mezzo di Gesù Cristo 
	sia la gloria nei secoli dei secoli.
	Amen.